Il presidente Macron è arrivato in Vietnam nei giorni in cui è iniziato il torneo del Roland Garros. Sarà di ritorno a Parigi a vedere la finale tra un paio di settimane. Oggi è in visita nella vecchia colonia, con la sua diplomazia economica fatta di contratti e strette di mano. Nulla di male, beninteso: i tempi moderni richiedono anche questo. Eppure, mentre il presidente francese firma memorandum e accordi commerciali, noi pensiamo ad altro.

In Vietnam, Alizé Lim è molto più che un’ex tennista: è un punto ideale, una figlia di un matrimonio misto tra la Francia e il Vietnam che incarna, in un solo sguardo, la dolcezza di due mondi lontani. I suoi occhi, color nocciola e sorprendenti, la pelle dorata come il Mekong al tramonto: Alizé è un simbolo gentile, un’icona pubblicitaria e culturale che sfida la memoria e la nostalgia di un Paese in cerca di un nuovo racconto.

A questo punto, devo confessare che sono tardo epigono di Gianni Clerici, gran penna lombarda pari solo a Gianni Brera: i due grandi Gianni dello sport italiano. Clerici fu tennista, scrittore, poeta, e poi – per vezzo, come lui stesso diceva – giornalista e cronista dello sport dei gesti bianchi, come chiamava il tennis. Soleva dire che guardare il tennis femminile, e vedere le fanciulle in fiore grugnire sulla terra rossa o sull’erba, era per lui un atto di voyeurismo casto e misurato. E noi, con debita distanza e misura, siamo lo stesso: osservando la nostra Alizé Lim con sguardo gentile ed un rispetto che nasce dalla nostalgia – le temps qui passe – e l’incanto della sua grazia.

Il suo viso appare sui manifesti e nei programmi televisivi con la stessa eleganza sobria, quasi timida, con cui scendeva in campo: illuminato da una luce interiore che ha conquistato il cuore del pubblico vietnamita. In Vietnam, non importa che la sua carriera tennistica si sia fermata al massimo di 135 del mondo, frenata da troppi infortuni. È come se la classifica fosse solo un dettaglio secondario: ciò che conta è il suo sorriso, la sua voce dolce e la sua determinazione a tenere viva la fiamma del tennis in un Paese che ama i suoi figli tornati dall’Occidente.

Nel 2017, Alizé Lim è tornata in Vietnam come ambasciatrice del torneo Vietnam Open. Ha giocato partite dimostrative, ha parlato con i giovani tennisti e ha riscoperto il sapore di un Paese che sentiva suo, anche se era nato lontano. Ha espresso il desiderio di ottenere la cittadinanza vietnamita per rappresentare la nazione ai Giochi del Sud-est asiatico, e ha sognato di aprire un’accademia di tennis per ispirare una nuova generazione di atleti. La sua popolarità è cresciuta come un racconto poetico: la figlia che ritorna, la bellezza meticcia che unisce la Francia e il Vietnam.

Accanto a questo sogno sportivo, Alizé Lim ha costruito un’altra carriera: quella di commentatrice televisiva e modella. Ha posato per le riviste più eleganti dell’Asia, come Tatler, portando con sé la leggerezza e la dolcezza di chi non ha mai dimenticato le proprie radici. In Vietnam, la sua voce nelle telecronache è come un sussurro gentile: racconta il tennis come un amore impossibile, come un ponte di seta tra due continenti.

La sua unione con Tony Parker, leggenda del basket francese, ha aggiunto un tocco di fiaba moderna a questa storia. Due icone dello sport, un matrimonio che sembra unire la forza e la grazia, la potenza e l’eleganza. Eppure, anche in questa unione, Alizé Lim non ha mai perso la sua leggerezza malinconica, quel filo di nostalgia che la rende così vicina al cuore vietnamita.

In questo racconto, la bellezza aiuta. La bellezza che unisce. Quella bellezza straordinaria e inattesa che, pur sembrando fragile, è capace di creare un ponte unico tra due mondi. In lei vedo qualcosa che è anche mio, perché ho una figlia italiana e thailandese, e so che in quegli occhi e in quella grazia si cela la forza di due culture che si incontrano. Alizé Lim è la prova che la grazia può superare i confini, che la memoria può diventare una luce che illumina il presente. In lei, la bellezza è la misura di un sogno antico e la promessa di un ritorno: la patria perduta che si fa ancora più luminosa, la luna che si riflette sul fiume.

E così, mentre Macron firma contratti e sfoglia dossier diplomatici tra Hanoi e Ho Chi Minh City, Alizé Lim rappresenta, senza saperlo, la parte più vera e silenziosa della politica estera francese: quella che non si scrive nei memorandum ma si legge negli sguardi. In un Vietnam proteso verso il futuro – tra vecchie alleanze socialiste e nuove aperture capitalistiche – la storia di Alizé ci ricorda che la diplomazia non è solo commercio o investimenti: è anche il racconto di un’identità che si mescola, di un passato coloniale che si riscatta nella grazia di chi torna.
Macron potrà pure tornare a Parigi per il Roland Garros, ma la vera finale si gioca qui, sul campo sottile delle relazioni culturali e del sentimento: e in questo campo, Alizé Lim, con il suo sorriso e la sua nostalgia, ha già vinto.

©2025 - Altriorienti - Accesso amministratori - Questo sito non raccoglie informazioni personali e non usa cookies

Log in with your credentials

Forgot your details?