“L’Oriente? Non sapremmo cos’è il fottuto Oriente, neanche a vederlo. Neanche a porgerglielo su un piatto, saprebbero che è l’Oriente.”

Inizia così il romanzo di Anthony Burgess “A malayan trilogy – The long day wanes”, tradotto nella sua versione italiana con il titolo “Malesia”, composto dai romanzi che accompagnano i giorni dello scrittore inglese in Asia.

Anthony Burgess rimane uno dei maggiori punti di riferimento della cultura inglese del ventesimo secolo, personalità eccezionale e fuori dagli schemi, Burgess visse molteplici vite in diversi luoghi.

Fu insegnante della lingua inglese durante gli anni della transizione da colonia all’indipendenza, ma anche poeta, drammaturgo, sceneggiatore, traduttore, compositore e musicista. Scelse il mondo come sua dimora passando anni della sua vita in Italia, a Malta, in Francia, Monaco ed anche negli Stati Uniti, personalità unica ed autore di un’opera come “Arancia meccanica”, che anticipano i temi del nostro presente come il condizionamento della capacità degli individui, la violenza ed il controllo di un’autorità autoritaria (!).

Gli anni malesi di Burgess rimangono una testimonianza di un tempo del passaggio tra il colonialismo ed una nuova era, l’osservatorio di Burgess era il Malay College Kuala Kangsar, istituito nel 1905 per educare l’élite malese rispettando gli standard di una scuola di livello britannica e soprannominato “l’Eton of the East”.

Questa trilogia è una delle opere più significative del rapporto tra la Gran Bretagna e questa parte del mondo, ed una delle pochissime scritte da occidentali, in cui la prospettiva non è interamente quella del britannico all’estero.

Il suo personaggio ed anti eroe, Victor Crabbe, si sforza di effettuare di comprendere ed adattarsi al cambiamento, ma è sopraffatto dall’inerzia del suo ambiente, in una crescente dissoluzione coloniale e documentano, la sua incapacità di comprendere la comunità multietnica con cui si confronta.

Burgess tenta di ritrarre la profondità e la diversità della cultura del paese emergente, attraverso un registro empatico della diversità della Malesia britannica e l’assurdità di un mosaico colorato di una terra di immigrati composto da malesi, indiani e cinesi, che ha poi trovato il suo equilibrio con la follia di una monarchia elettiva della durata di cinque anni scelta dai nove sultani, rappresentanti di altrettanti regni confederati, nota bene le nazioni sono tredici di cui quattro sono repubbliche che nominano un presidente.

“Burgess poteva diventare un decadente colonialista,” ha scritto il critico Rob Spence, “ma come un lavoratore di classe cattolica di Manchester, era già un estraneo e non aveva alcuna affinità con i rappresentanti coloniali”, tutto questo rende la testimonianza Burgess gradevole, come la dedica del libro in lingua malay ai suoi amici malesi.

8 agosto 20

 

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