Il breve racconto dell’ascesa e caduta dell’altro Re di Thailandia, ci è stato raccontato da chi lo ha conosciuto bene, frequentato e pure fatto affari con lui. 

Non parliamo della famiglia regnante degli Chakri, che governano il paese del 1782 e dell’attuale Rama X, ma di una famiglia di imprenditori del sud del paese e delle isole, che da proprietari terrieri e coltivatori di gomma sono diventati ricchi tra i più ricchi del paese, fino alla loro caduta e schianto.

Ometterò i nomi e le località al centro delle vicende, chi scrive non ha intento giornalistico ma modesta pretesa di cronaca, perchè la faccenda è di pochi e viene sussurrata a mezza voce in Thailandia, tanto è delicata e sconveniente.

Il fondatore della fortuna assunse il ruolo di capo villaggio negli anni 80 del secolo scorso, quando importanti gruppi turistici internazionali decisero che vi erano le condizioni per importanti investimenti in prossimità delle spiagge lussureggianti della costa. Il mondo era cambiato in pochissimi anni, la nuova generazione degli aerei consentiva un viaggio diretto dell’Europa, senza i noiosi scali previsti ed i costi operativi si erano abbassati. La situazione politica aveva trovato un nuovo equilibrio e pace, la guerra del Vietnam era finita e le aeree di influenza stabilite, si viveva un nuovo tempo di pace, i militari statunitensi potevano essere sostituiti dai turisti occidentali.

Il capo villaggio, aveva avuto una buona istruzione presso un’università di Bangkok ed era ambizioso e scaltro, scambiò permessi di costruire ai grandi gruppi con mazzette e partecipazioni, fu accorto nel riconoscere a funzionari di grado inferiore parte della pioggia di denaro che arrivava dagli investitori esteri, ma nessuno fu escluso dalla grande abbuffata, per primi i governatori locali, la polizia e l’esercito.

Iniziò una grande abbuffata collettiva dove a tutti venne riconosciuta una parte della torta.

La crescita è stata la allora imperiosa ed una colata di cemento ha reso il sogno tropicale un conglomerato urbano di case ed hotels, piccoli ristoranti, centri commerciali e night bazar, condomini con piscina e palestra, mentre i resort più lussuosi si sono messi al sicuro alzando muri e nascondendosi tra piccole calette rocciose.

Il figlio del capo villaggio, subentrato alla morte del padre una decina di anni fa, non ha proseguito la carriera politica del padre, ha lasciato ad altri la gestione del territorio per incrementare l’attività immobiliare. Costruire centinaia e poi migliaia di appartamenti e garantire agli acquirenti interessi del 7% annui sull’investimento attraverso affitti a turisti, ai quali poi vendere nuovi immobili e con questi denari garantire i contratti.

Un classico schema Ponzi dove gli alti interessi non derivano dall’attività, ma da un’altra raccolta di denaro.

Il crollo del turismo nel sud della Thailandia a seguito dell’emergenza Covid, che laggiù ha fatto un nulla di sessantina di morti e tremila casi, ha fatto saltare lo schema ed il banco.  Il figlio del capo villaggio non è più “too big to fail”, le banche che avevano finanziato le iniziative hanno richiesto il rispetto dei contratti e proprietà di valore, come alberghi e terreni di altissimo pregio, messi a garanzia delle iniziative immobiliari sono stati espropriati ed attività, che da sempre vivevano sul filo dell’illegalità, occupando parchi naturali hanno visto arrivare le ruspe con il venir meno delle prebende alle corrotte autorità locali.

Il governo centrale e la lunga mano dell’aristocrazia cinese di Bangkok ha finalmente potuto stringere il cappio, il sud ha sempre rappresentato uno stato nello stato, islamico e non buddista, mai autonomista come a Narathiwat e Pattani, ma riottoso al potere centrale e nei fatti indipendente nella gestione dello sviluppo. Tanto ricco da poter scegliere amministratori amici e garantire una ricca corruzione alla polizia e all’esercito, il tutto in un equilibrio sottile ma nei fatti duraturo.

E’ nell’anno del Covid che l’oligarchia cino- thai di Bangkok ha preso in mano il gioco e porta a casa la vittoria, secondo alcuni analisti locali, le severissime norme anti Covid in un paese dove il virus non c’è mai stato, sono anche il pretesto per un regolamento di conti di faccende interne difficilmente risolvibili.

La costa è deserta ed il turismo scomparso, il principale vettore aereo dell’area, il malese “Air Asia” è prossimo a dichiarare bancarotta con profitti in calo del 98% nell’anno 2020, il suo motto era “now everyone can fly” ed aveva portato milioni di turisti ogni anno fino allo scorso febbraio, la locale “Thai airways” è in una procedura di ristrutturazione del debito ed il futuro incerto.

Oggi le attività hanno chiuso i battenti, gli operatori sono andati via e la mancata manutenzione delle proprietà in una terra di sole e monsoni fa marcire ogni cosa in poche settimane, la natura si riprende gli spazi che gli erano stati strappati, le radici degli alberi sollevano il manto delle strade costiere una volta trafficatissime.

La trappola del debito non sarà la sola storia che ci sarà da raccontare.  

 

1 settembre 20

 

 

    

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