“Che la decolonizzazione abbia funzionato meglio in Asia che in Africa ha certamente a che fare con le differenze nell’affrontare il passato coloniale. Gli asiatici seguono la linea scritta dagli occidentali, non lo dicono ad alta voce, ma c’è molta meno enfasi anticoloniale che altrove … Si consideri il museo nazionale di Singapore dove si racconta “Gli inglesi hanno fatto questo, gli inglesi hanno fatto quello”, così Bruce Gilley in una rara intervista a Elsevier Weekblad nel febbraio del 2018

Gilley uno storico americano con solidi studi e brillante reputazione, esperto di Asia e Cina, è stato oggetto tra i più violenti confronti accademici degli ultimi anni.

Nell’articolo “The case of Colonialism” pubblicato sul prestigioso Third World Quarterly nel 2017, Gilley sottolineava come la storia di molti paesi durante e dopo la transizione avessero avuto un destino ben peggiore del passato coloniale, riportando i numeri della decolonizzazione fatta di nuove povertà, ingiustizia e centinaia di migliaia di morti frutto delle lotte tra fazioni interne.

Naturalmente Gilley non poteva negare i crimini e gli eccessi di un Leopoldo II del Belgio e di tanti altri (l’articolo non tratta la questione), ma constatava che la transizione era stata portatrice di esiti peggiori. La forza di Gilley è descrivere in modo dettagliato i destini dei paesi ex coloniali, dove i diritti universali dell’uomo vengono lesi e negati, fino a ricordare che lo stesso Patrick Lumumba, che divenne un anticolonialista molto tardi, invitava il Belgio nel 1962 a “restoring our human dignity and turning us into free, happy, vigorous, and civilized men.”

Lo storico suggeriva anche la soluzione, un nuovo modello coloniale, debitamente corretto e condiviso, quasi fosse un’amministrazione controllata per chi non è capace di governare il proprio paese e garantire standard di diritto, sicurezza, libertà e welfare ai propri cittadini.

Le critiche al lavoro di Gilley non si fecero attendere. 

L’intero comitato scientifico della rivista diede le dimissioni, lo storico fu preso di mira da colleghi che resero la sua vita professionale complicata, oltre a numerose minacce di morte.

Hamid Dabashi, un professore iraniano all’Università della Colombia, pubblicò sul sito web di Al-Jazeera che Gilley doveva essere “cacciato fuori” ed “umiliato”, perché era un suprematista bianco ed un razzista e il dogma del razzismo fosse: colonialismo – schiavitù – strage di popoli.

“La razza è una sciocchezza.” afferma Gilley, “Basta guardare al successo delle economie non occidentali, ad esempio in Asia” perché laggiù si definisce la disuguaglianza in termini di disuguaglianza economica, politica e sociale.”

“L’ordinamento dei costumi culturali, delle forme di governo e delle istituzioni economiche come migliori o peggiori non si adatta all’ethos moderno dell’uguaglianza.”

Gilley a distanza di anni non ha cambiato idea e noi con lui, nulla di più ipocrita che i cappi di seta e debito della Cina, le direttive economiche della World Bank e lo sfruttamento sistematico delle risorse da parte di multinazionali delle materie prime.  Slavoj Zizek ricordava in un piccolo libro intervista a cura di Yong-june Park, come il nuovo ciclo del colonialismo ha un viso forse più accattivante, ma altrettanto feroce. La coreana Daewoo Logistics ad esempio ha acquistato poco meno del 50% delle superfici coltivabili del Madagascar per un totale di 3,2 milioni di ettari, per pianificare monoculture che porteranno miseria e fame ai malgasci.

Rocco Ronza tra i maggiori esperti di colonialismo dell’Africa australe, afferma che le amministrazioni coloniale hanno sempre rappresentato un costo per il paese occupante più dei vantaggiosi affari con le èlite compromesse.

Noi leggiamo sempre con piacere il lavoro e testimonianza di Cesare Meotti sul Foglio, che denuncia il nichilismo dell’Occidente, che nega il proprio primato morale fatto di principi che sono universali solo per noi, quando altrove è sangue, schiavitù e morte.

Se qualcuno ha ancora dei dubbi pensi allo strazio della fragile democrazia ad Hong Kong e la fuga di chi può dalla Cina (1/3 dei milionari locali), mentre l’Africa vessata dall’Islam salafita e da élite corrotte si affolla sulle coste libiche in attesa di riversarsi il mare. 

Il pensiero finale è di chi scrive e non di Bruce Gilley e ripensare un ordine etico mondiale, o meglio una nuova collaborazione tra paesi ex coloniali a guida occidentale, come la soluzione a nuovo ed antico sfruttamento di uomini e risorse.

24 giugno

 

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