Il recente editoriale del Washington Post “La democrazia può vincere“, pubblicato in Italia dal Foglio lo scorso 22 dicembre è un piccolo manifesto di buone intenzioni per l’anno che verrà.

L’editoriale non firmato, ricorda che le informazioni corrono più veloci della repressione e le migliori menti dei paesi autoritari fuggono in Occidente per cercare una vita migliore. La tesi del Washington Post è semplice e disarmante, la democrazia ha le migliori possibilità di affermarsi anche nei paesi illiberali grazie alle nuove tecnologie, che rendono pubbliche le tante storie di protesta e ribellione. Le autocrazie del nostro tempo, dalla Russia, alla Cina e all’Iran, mostrano limiti che le rendono fragili a dispetto dei legami sempre più stretti che li spingono a sfidare le democrazie.

Il Washington Post è il tabloid dell’America tollerante, democratica e solidale, politicamente corretta fino a sostenere i cantori delle più feroci critiche all’Occidente. 

Poche settimane fa, il premio Pulitzer Michael Ramirez, autore di una vignetta su Hamas è stato censurato per l’immagine del terrorista islamico Moussa Abu Marzouk, che si faceva scudo di donne e bambini, poteva offendere i devoti fedeli del Profeta. L’assassinio professionale di Ramirez pare il continuum di quanto avvenne il 7 gennaio 2015 a Parigi, quando un gruppo di terroristi islamici fece irruzione nella redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo uccidendo dieci persone e due poliziotti.

Poche ore dopo il mondo arabo era una sola voce a iTélé, di Canal+, urlando che la strage avrebbe messo in cattiva luce un miliardo di islamici ribaltando i ruoli di vittime a carnefici. Pochi anni prima, era stato il più moderato degli iman di Francia Hassen Chalghoumi, che aveva attaccato i vignettesti di Charlie Hebdo, accusandoli di blastemia. La stessa accusa che ha armato le mani di un devoto maomettano, che ha attentato alla vita dello scrittore britannico Salman Rushdie nel 2022, procurandogli danni permanenti e la perdita della vista da un’occhio.

Oggi le piazze dei paesi occidentali si popolano di manifestazioni anti semite o pro Hamas (fate voi), un’organizzazione dichiarata terroristica, che viene considerata da molti fonte legittima nei bollettini di guerra a Gaza, mentre viene riconosciuta dignità a sedicenti giornalisti ed opinionisti filo russi e profeti della via cinese allo sviluppo sociale ed economico.

Il Washington Post parla di possibile vittoria della democrazia sull’autocrazia, ma scorda i principi della libertà d’opinione, che devono essere difesi nelle redazioni prima che dai cannoni. Dare parola ai tiranni ed ai loro accoliti è la peggiore tossina nella indolente società occidentale di questi anni. Settant’anni anni fa nessuno sarebbe stato giustificato intervistando Hitler ed annotare le sue follie, ma oggi sarebbe considerato uno scoop portare Stalin o Mao Zedong davanti ad un caminetto per una conversazione sui temi della politica internazionale. 

Il motto del Washington Post rimane  “Democracy Dies in Darkness”, ma come ha osservato lo stesso Ramirez  “questi sono giorni davvero bui.”

28 dicembre

 

 

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