Abbiamo ricevuto questo articolo da Marco, un amico.
Con lui abbiamo studiato molti anni fa, quando le analisi erano ancora teoriche, e i mercati parevano lontani. Oggi è un analista senior in una grande banca d’affari internazionale, specializzato in flussi di capitale, fondi alternativi e private equity. Uno di quelli che leggono i bilanci prima del caffè e che sanno quando un trend è solo rumore e quando, invece, cambia le regole del gioco.
Ci ha scritto questa nota in un momento di transizione personale — in uscita da una banca e in ingresso in un’altra — e proprio per questo, forse, con una libertà di pensiero e di parola rara da trovare. Non c’è nulla di confidenziale, nulla di vincolato. È come se ci avesse fatto un regalo: un’analisi netta, lucida, dritta al punto, scritta appositamente per noi e per voi.
Leggerete un testo secco, senza concessioni allo stile. Dentro ci sono numeri, tendenze, scarti di rotta. Ma soprattutto c’è l’idea che la finanza — quella vera, non quella raccontata — sia oggi un campo di battaglia dove ogni movimento di capitale racconta un allineamento, una frattura, un nuovo ordine che avanza.
Ecco il suo contributo.
Decoupling finanziario: la ritirata cinese dal private equity Usa e le conseguenze sistemiche
Il 2025 segna una svolta strutturale nei flussi globali di capitale. Il fondo sovrano cinese CIC (China Investment Corporation) e altri veicoli statali hanno interrotto i nuovi investimenti nei fondi di private equity statunitensi, in risposta diretta all’escalation della guerra commerciale avviata dalla seconda amministrazione Trump.
Un colpo al cuore di un’industria da 4.700 miliardi di dollari
Secondo i dati Preqin, il mercato del private equity globale ha superato nel 2024 i 4.700 miliardi di dollari di asset under management. Gli investitori cinesi, guidati da CIC, SAFE e fondi pensione statali, rappresentavano fino al 15% del fundraising annuale per i maggiori fondi Usa tra il 2010 e il 2020. Dal 2021 in poi, tale quota si è progressivamente ridotta, fino alla decisione odierna di chiudere completamente le esposizioni dirette e indirette.
L’innalzamento dei dazi da parte di Washington (fino al 145% su alcuni beni strategici) ha avuto come effetto collaterale la radicalizzazione della politica di investimento estera cinese. Secondo una nota dell’FT, anche veicoli europei e del Golfo che operano capitali cinesi si sono visti revocare i mandati o congelare gli impegni. In alcuni casi, sono state cancellate sottoscrizioni da decine di milioni di dollari già negoziate.
La posizione di Blackstone, Carlyle, Vista e Thoma Bravo
- Blackstone Group: dal 2007 aveva tra i suoi principali investitori internazionali CIC, che nel 2018 ha venduto la quota ma mantenuto relazioni operative. Oggi, la società segnala “rallentamento nella raccolta extra-Usa” pari al -23% YoY.
- Thoma Bravo e Vista Equity Partners: secondo fonti Bloomberg, avrebbero perso in pochi mesi oltre 1,5 miliardi di commitment provenienti da investitori asiatici.
- Goldman Sachs: la piattaforma congiunta CIC-Goldman per investimenti globali è stata disattivata.
L’effetto di trascinamento riguarda anche fondi pensione canadesi (CPPIB, OTPP) ed europei (soprattutto scandinavi e olandesi), i quali — a fronte dell’instabilità normativa americana e della politicizzazione del mercato — stanno rivedendo la loro esposizione all’illiquido Usa. La tendenza è netta: allocazioni verso PE statunitense in calo del 18% nel Q1 2025, secondo PitchBook.
I capitali asiatici e mediorientali stanno riallocando verso aree percepite come più neutrali o strategicamente allineate:
- Regno Unito: crescita del 12% YoY nei fondi growth.
- Francia: focus su tecnologia e energia rinnovabile.
- Arabia Saudita: alleanze bilaterali con Pechino tramite il PIF.
- Italia: attenzione crescente ai veicoli ESG e mid-market, con interesse cinese indiretto (via fondi lussemburghesi).
La ritirata dei capitali cinesi non ha solo valore simbolico. Le conseguenze operative sull’industria del private equity Usa si stanno già manifestando:
- Fundraising: secondo Bain & Company, il fundraising globale del PE è calato del 19% nel primo trimestre 2025 rispetto al 2024. Negli Stati Uniti, la contrazione ha toccato il 25%, con i grandi fondi generalisti (mega-cap) che faticano a chiudere nuovi veicoli.
- Exit strategy: i mercati pubblici volatili e l’aumento delle tensioni geopolitiche hanno ridotto il numero di IPO e M&A cross-border. Il valore medio degli exit globali è diminuito del 34% YoY, con i multipli EV/EBITDA in flessione a 9,1x (contro 11,4x nel 2022).
- IRR e ritorni attesi: la performance media dei fondi USA vintage 2018–2020 è scesa sotto il 10% IRR netto, ben al di sotto del benchmark storico (13-15%). Gli LP (limited partners) chiedono ora strutture di carry più conservative, liquidità più frequente e un maggiore focus sul rischio geopolitico.
Prospettive: la fine del ciclo iperglobalista del capitale privato
L’attuale stretta cinese — unita alla pressione normativa statunitense su investimenti esteri “strategici” — segna la fine di un’epoca: quella della libera circolazione del capitale in assenza di vincoli geopolitici.
Tre linee di tendenza emergono:
- Rinazionalizzazione del capitale: i fondi PE dovranno fare sempre più affidamento su capitali nazionali o da paesi politicamente allineati. Gli LP extra-NATO saranno soggetti a scrutiny crescente da parte di CFIUS e di analoghi europei.
- Regionalizzazione delle strategie: le grandi case globali (Blackstone, KKR, Apollo) dovranno segmentare la raccolta e le strategie d’investimento su base regionale, riducendo l’efficienza di scala.
- Reshoring del valore: è probabile un ritorno a operazioni di buyout e crescita più locali, con focus su filiere strategiche, transizione energetica e tecnologia dual use. Il capitale privato diventa strumento di politica industriale.
La scelta della Cina di sospendere i flussi verso il private equity statunitense non è un atto isolato, ma un punto critico nella riconfigurazione dell’economia globale. Il private equity, per sua natura illiquido e orientato al lungo termine, non può più operare come se fosse immune dalle logiche geopolitiche. Si apre ora una fase selettiva, in cui la provenienza dei capitali conterà quanto — se non più — della loro quantità.
La ritirata dei capitali cinesi non ha solo valore simbolico. Le conseguenze operative sull’industria del private equity Usa si stanno già manifestando:
- Fundraising: secondo Bain & Company, il fundraising globale del PE è calato del 19% nel primo trimestre 2025 rispetto al 2024. Negli Stati Uniti, la contrazione ha toccato il 25%, con i grandi fondi generalisti (mega-cap) che faticano a chiudere nuovi veicoli.
- Exit strategy: i mercati pubblici volatili e l’aumento delle tensioni geopolitiche hanno ridotto il numero di IPO e M&A cross-border. Il valore medio degli exit globali è diminuito del 34% YoY, con i multipli EV/EBITDA in flessione a 9,1x (contro 11,4x nel 2022).
- IRR e ritorni attesi: la performance media dei fondi USA vintage 2018–2020 è scesa sotto il 10% IRR netto, ben al di sotto del benchmark storico (13-15%). Gli LP (limited partners) chiedono ora strutture di carry più conservative, liquidità più frequente e un maggiore focus sul rischio geopolitico.
L’attuale stretta cinese — unita alla pressione normativa statunitense su investimenti esteri “strategici” — segna la fine di un’epoca: quella della libera circolazione del capitale in assenza di vincoli geopolitici.
Tre linee di tendenza emergono:
- Rinazionalizzazione del capitale: i fondi PE dovranno fare sempre più affidamento su capitali nazionali o da paesi politicamente allineati. Gli LP extra-NATO saranno soggetti a scrutiny crescente da parte di CFIUS e di analoghi europei.
- Regionalizzazione delle strategie: le grandi case globali (Blackstone, KKR, Apollo) dovranno segmentare la raccolta e le strategie d’investimento su base regionale, riducendo l’efficienza di scala.
- Reshoring del valore: è probabile un ritorno a operazioni di buyout e crescita più locali, con focus su filiere strategiche, transizione energetica e tecnologia dual use. Il capitale privato diventa strumento di politica industriale.
La scelta della Cina di sospendere i flussi verso il private equity statunitense non è un atto isolato, ma un punto critico nella riconfigurazione dell’economia globale. Il private equity, per sua natura illiquido e orientato al lungo termine, non può più operare come se fosse immune dalle logiche geopolitiche. Si apre ora una fase selettiva, in cui la provenienza dei capitali conterà quanto — se non più — della loro quantità.
1. Fonti primarie e data provider (dati di mercato e tendenze)
- Preqin – Global Private Equity & Venture Capital Report 2024–2025
Contiene dati su AUM, fundraising, IRR, allocazione geografica e trend LP/GP
https://www.preqin.com/ - PitchBook – Global PE Breakdown Q1 2025
Analisi trimestrale dei flussi di capitale, deal, exit e fundraising per regione
https://pitchbook.com/news/reports - Bain & Company – Global Private Equity Report 2025
Particolarmente utile per comparazioni storiche e analisi di performance
https://www.bain.com/globalprivateequityreport - CFIUS Annual Report to Congress (2024)
Rilevante per il contesto normativo USA sugli investimenti stranieri
https://home.treasury.gov/policy-issues/international/the-committee-on-foreign-investment-in-the-united-states-cfius - China Investment Corporation (CIC) – Annual Report 2023–2024
Per comprendere l’evoluzione strategica dell’allocazione estera di CIC
http://www.china-inv.cn
2. Analisi, stampa economica e fonti secondarie
- Financial Times – “China halts new investments in US private equity amid geopolitical tensions”
(Aprile 2025, sezione Mercati e Investimenti)
https://www.ft.com/ - Bloomberg – “Global investors pull back from US private markets”
(Aprile 2025)
https://www.bloomberg.com/markets - Milano Finanza – “La Cina chiude gli investimenti nei fondi di private equity Usa”
(21 aprile 2025, a cura di Elena Dal Maso)
https://www.milanofinanza.it/ - Brookings Institution – “Geopolitics and the global investment landscape”
Policy paper (2024)
https://www.brookings.edu/ - Harvard Business Review – “Private equity’s new geopolitical risk”
(Edizione marzo 2025)
https://hbr.org/
22 aprile