Ettore Mo si presentò a Piero Ottone nel 1962 offrendo la sua penna al Corriere della Sera. Il capo redattore lo accolse volentieri. Mo scriveva bene ed Ottone ne aveva apprezzato la scrittura in un paio di racconti che gli aveva inviato, “Fui assunto in qualità di assistente di un vice”, ricorda Mo, “poco, ma meglio di nulla.” Prese servizio acquistando di tasca propria una macchina da scrivere Olivetti Lettera 22, il violino del cronista di quegli anni, lo ricorda Indro Montanelli, che dallo stesso Ottone, divenuto direttore, fu “fatto fuori” dal Corriere della Sera nel 1973. Storia di mille anni fa, ritorniamo a nostro.

Ettore Mo nasceva scriba per puro talento, ma non mancava di ricordare che nella vita era stato tante cose per divenirne una sola.

“Sguattero e cameriere a Parigi e a Stoccolma, barista nelle Isole della Manica, bibliotecario ad Amburgo, insegnante di francese (senza titoli, naturalmente) a Madrid, infermiere in un ospedale per incurabili a Londra e infine steward in prima classe su una nave della marina mercantile britannica – l’Orsowa – che faceva crociere di tre-quattro mesi su tutti i mari e gli oceani.”

Scrisse di guerra per oltre trent’anni con la penna di chi raccontava fatti ed analisi senza mostrarne la necessità di fini più alti. Chi lo conobbe bene lo racconta come chi andasse sul campo libero da approfondimenti fatti a casa che per lui erano pregiudizi, fu cronista e testimone, mai partigiano e neppure imbroglione, tanto da sopravvivere a tanti direttori ed altrettanti editori. Non fece carriera in via Solferino, troppo diverso dalle belle firme, semplicemente le sostituì al loro andarsene via. Firmò i primi pezzi di politica estera a 46 anni all’età in cui Barzini senior aveva già finito la carriera di corrispondente estero del Corriere, ma l’Italia non era un paese per giovani ieri come oggi. Scrisse molto di Afghanistan, paese a noi incomprensibile dai tempi di Alessandro Magno, il solo tra noi occidentali che riuscì a piegarlo e poi in giro per il mondo dalla Cecenia, al Sudan, Algeria, Timor Est fino alle Filippine e Birmania. Ma non scrisse libri, cosa questa meritoria nella bulimia del tempo di ieri come di oggi, e le sue testimonianze sono state raccolte e catalogate con scrupolo e pubblicate. Sfiorò i nostri Orienti più che frequentarli, ma la testimonianza sull’integralismo islamico nelle Filippine, mostra il talento di vedere le cose anche se si frequentano poco i luoghi.

“Sorprende che un gruppo relativamente piccolo come L’Abu Sayaf, relegato in fondo all’arcipelago filippino, possa avere contatti stretti con il gran giro del terrorismo mondiale. Ma la ragione è la sua genesi, nell’indottrinamento e nell’esperienza militare in Pakistan e in Afghanistan, che sono stati insieme all’Iran, la fucina dell’integrazione islamico.”

Ettore Mo se n’è andato ad Arona pochi giorni fa, cittadina del lago Maggiore a poche curve e tornanti da dove era nato, a Borgomanero nel 1932.

23 ottobre

Si suggerisce la lettura di

https://www.ibs.it/sporche-guerre-libro-ettore-mo/e/9788817860673

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