La pioggia non aveva rinfrescato la sera di Manila. Uno scroscio e nulla più, l’asfalto umido aveva rilasciato un caldo opprimente. Le luci dell’ambulanza si rispecchiavano acide nelle pozzanghere, i paramedici si muovevano lenti perché l’uomo era già morto. La polizia poco lontano aveva ammanettato l’omicida. Passandomi davanti, prima di trascinarlo lontano, ne ho sentito il rancido puzzo e l’odore dolciastro dell’alcol. L’uomo era ubriaco.

Erano state delle grida che mi avevano portato sulla strada come tanti altri, poco dopo una sirena dell’ambulanza, mentre un poliziotto in borghese era già intervenuto sul posto e fermato l’omicida che non aveva opposto resistenza. Una donna piangeva seduta sul marciapiede, un’altra la abbracciava, una terza urlava senza che potessi capire una parola di quella lingua.

Il giorno successivo avevo cercato la notizia sui giornali in lingua inglese come il Manila Times, rendendomi conto quanto fossi ingenuo, perché quei delitti sono tanto comuni da non interessare le redazioni.

E’ stato Leander, l’addetto della concierge, a raccontarmi la storia di quella sera.

L’uomo ammazzato era un ubriaco che storpiava “My Way” cantandolo in un karaoke bar. L’omicida aveva chiesto di smettere, assicurando che l’anima di Frank Sinatra sarebbe andato a trovarlo all’inferno se avesse proseguito. Un’ultima strofa strofa

“ I’ve loved, I’ve laughed and cried
I’ve had my fill, my share of losing
And now, as tears subside, I find it all so amusing
To think I did all that
And may I say, not in a shy way
Oh, no, oh, no, not me, I did it my way”  (A)

E l’altro gli ha scaricato due colpi nel petto.

Solo per questo, ma si conoscevano, chiedo e lui mi dice che erano arrivati insieme con altri amici, ma era quella canzone era una maledizione e quell’uomo non era il primo a lasciarci la pelle.

Mi ritrovai a cercare informazioni sulla rete per scoprire che il New York Times ci aveva dedicato un articolo anni prima e la faccenda era nota a tutto il paese. I delitti legati ai Karaoke erano comuni in tutto l’estremo oriente, ma nelle Filippine i numeri erano diventati tanto alti da farne diventare un’emergenza nazionale.

Avere in una stanza un gruppo di persone, che fanno a gara a chi beve di più e vogliono mostrare quanto siano bravi a cantare, può essere estremamente pericoloso in un’area di mondo dove le armi sono diffuse. I Karaoke sono luogo di svago dove è possibile lasciare fuori dalla porta la propria miseria e dimenticare ogni cosa per qualche ora, ma la società filippina rimane rabbiosa e quella stessa violenza è legittimata dalla politica e dall’uso della forza arbitraria della polizia, che non ha scrupoli a farsi giustizia da sé.

I morti si contano a decine, una volta a seguito di una discussione per una canzone di John Denver “Take me home, Country roads” vi è stata una strage di otto persone, ma è “My way” che è stata censurata in centinaia di Karaoke filippini.

“My way”, ha dichiarato Butch Albarracin, il titolare di una scuola di canto a Manila, “è intrinsecamente arrogante. I testi evocano sentimenti di orgoglio e prevaricazione nel cantante, come se fossi qualcuno quando in realtà non sei nessuno. Copre i tuoi fallimenti e conduce ai peggiori conflitti”.

 

12 maggio

A) “Ho amato, ho riso e pianto

Ho avuto la mia soddisfazione, la mia parte di sconfitte

E ora, mentre le lacrime si placano,

trovo tutto così divertente

E pensare che ho fatto tutto questo

E posso dire, non in modo timido

Oh, no, oh, no, non io, l’ho fatto a modo mio “

 

 

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