Ci sono storie che non stanno nei bootleg, né nelle biografie. Vivono nella memoria degli uomini che hanno vissuto davvero. Ugo Conta era uno di questi: ex ballerino, jazzista gentiluomo, ristoratore d’anima. Per oltre cinquant’anni ha rappresentato, senza proclami, una certa idea dell’italianità a Hong Kong — sobria, appassionata, elegante.
Quella sera eravamo seduti da Ugo, il suo ultimo ristorante, con il mio amico Aldo, spedizioniere ferrarese fuggito ad Hong Kong dopo una delusione amorosa — “caduto dalla nave”, come in “Onda su onda” di Paolo Conte — ma che qui aveva trovato “donne da sogno, banane e lamponi”, e con essi una felicità inattesa, esotica e beffarda. Con noi c’era anche il prodigioso Fritz, campione di golf, irrequieto manager e playboy giramondo, che parlava cinque lingue e cambiava fuso orario ogni tre giorni. Ridevamo, mangiavamo e bevevamo.
Il locale era piccolo, accogliente, raccolto, ancora profumato di basilico e memoria. Le sedie erano in bilico sui tavoli, il giradischi suonava un vecchio vinile di Mina, il suo ultimo concerto alla Bussola a Lido di Camaiore, forse nel 1978. A un certo punto, quasi con pudore, Ugo ci raggiunse al tavolo e raccontò una storia.
“Era il 1985. Frank Sinatra era tornato a Hong Kong per cantare al Coliseum. La sera prima del concerto, venne a cena al Rigoletto, il mio ristorante in Lockhart Road. Me lo ricordo bene: camicia blu scuro, occhi gentili ma stanchi. Si sedette in fondo alla sala. Io, ovviamente, andai al tavolo a salutarlo. Mi fece cenno di sedermi. E mi disse…”
E lì, con la voce bassa e precisa di chi ricorda ogni parola, Ugo recitò ciò che Sinatra gli confidò.
“È bello essere di nuovo qui. Hong Kong. Sono passati ventitré anni dalla mia prima volta. Era il 1962. Facevo il giro del mondo, per beneficenza, sapete? Ma quella giornata qui… quella me la sono tenuta stretta.”
“Ricordo che quel mattino lasciai l’albergo presto, senza entourage, senza cravatta. Nessuno mi riconosceva davvero, almeno non in strada. Presi a camminare per Kowloon. I mercati erano vivi come un’orchestra scatenata: odori forti, voci alte, gente che rideva, trattava, cucinava. Non capivo una parola, ma capivo tutto. Una bambina mi offrì un mango tagliato in una forma che sembrava un fiore. Lo mangiai lì, in piedi, col succo che colava sulle mani. Lei rise. Anch’io.”
“Nel pomeriggio salii al Peak. C’era una luce strana, densa. La città sembrava galleggiare nella foschia. Guardavo giù e mi sembrava di vedere il futuro, o forse un sogno. Non sapevo che un giorno sarei tornato, davanti a tutti voi.”
“Sapete… a volte la musica è l’unico modo per dire grazie. E quella giornata del ’62… beh, è una delle poche cose che non ho mai dimenticato. Hong Kong mi fece sentire libero. E in qualche modo… giovane.”
Alla fine, Ugo sorrise, si alzò, e indicò una cornice appesa sopra la cassa.
“Vedi quel biglietto? È quello del concerto. Me lo regalò lui, prima di uscire dal locale. C’è ancora la dedica: ‘A Ugo – grazie per la cena, la compagnia, e per avermi fatto sentire a casa. Con affetto, Frank.’ Un turista americano me ne offrì tremila dollari. Ma quella è una cosa che si tiene.”
Mina concluse “Grande, grande, grande” di Tony Renis. Sorridemmo, in silenzio.
Le storie migliori vengono raccontate ad un tavolo, tra amici, quando non c’è nessuno a sentire — oltre te.
Frank
️ Ugo Conta (1936–2020)
Ugo Conta è stato un artista poliedrico e un ambasciatore culturale tra Italia e Asia. Nato a Mantova nel 1936, si trasferì a Hong Kong negli anni ’60, dove divenne una figura di riferimento nella scena culturale locale.
Musica e cultura
Jazzista e promotore musicale, Conta fondò nel 1981 la Ugo Conta International Music Society, organizzando concorsi e concerti per giovani talenti. Nel 1994, insieme alla moglie May Chau, pianista e compositrice, istituì la May Chau Academy for Contemporary Arts & Languages, che ha formato oltre seicento studenti in discipline artistiche e linguistiche.governolo.it
Ristorazione
Appassionato di cucina, Conta aprì e gestì tre ristoranti italiani a Hong Kong: La Bella Donna, Rigoletto e Ugo, quest’ultimo dedicato alla cucina mantovana. I suoi locali divennero punti di riferimento per la comunità internazionale, ospitando personalità come Alessandro Pertini, Francis Ford Coppola, Omar Sharif, Roger Moore, Jean-Paul Belmondo, Yo-Yo Ma e Sophia Loren.governolo.it
Judo
Maestro di judo, Conta fondò il Mantua Judo Club e la Hong Kong Judo Federation, promuovendo il judo tra migliaia di studenti. Organizzò per anni la competizione internazionale Ugo Conta Junior Judo Classic, contribuendo alla diffusione della disciplina in Europa e Asia.governolo.it
Riconoscimenti
Per il suo impegno culturale, Conta ricevette il Premio Rosa Camuna dalla Regione Lombardia nel 1984 e il Virgilio d’Oro dalla città di Mantova nel 2011, come ambasciatore delle eccellenze mantovane nel mondo.governolo.it
Ugo Conta è scomparso il 1º aprile 2020 a Mantova, sua città natale. durante l’epidemia cinese di Wuhan. Il suo ricordo vive nelle note di jazz, nei sapori della cucina italiana e nei cuori di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.
Ugo