Quando gli studenti scendono in piazza vuol dire che qualcosa di nuovo innerva la società e se sono gli studenti thailandesi, la cui cultura suggerisce moderazione e discrezione, vuol dire che la vicenda merita attenzione.

Migliaia di giovani thailandesi si sono dati appuntamento davanti al monumento della democrazia domenica scorsa, chiedendo le dimissioni dell’anziano primo ministro il generale Prayut Chan – O – Cha e del suo governo, che amministra il paese dal colpo di stato del 2014 e la successiva riforma costituzionale, che consente ai militari di avere la nomina di 250 senatori, immunizza nei fatti l’esito di qualsiasi libera elezione.

Massicce proteste erano iniziate lo scorso gennaio nei campus universitari, dopo lo scioglimento del nuovo Future Forward Party, il partito che incarnava i desideri ed il malcontento tra i giovani e l’allontanamento dell’arena politica del giovane leader Thanathon Chuengrungrueangkit, a seguito di una decisione della Corte Costituzionale thailandese su una faccenda di finanziamenti al partito, che aveva lasciato perplessa la stampa occidentale, ma anche molte cancellerie.

Le proteste di domenica scorsa trattano diversi temi, dalla richiesta dell’abrogazione di reati legati al diritto d’opinione, alla richiesta di maggiore partecipazione e democrazia, alla giustizia sociale, fino alla gestione dell’emergenza economica dovuta alla pandemia Covid 19, che pure non avendo effetti sanitari sulla popolazione, si sono avuti solo quattromila casi e meno di sessanta morti, ha un impatto devastante sull’economia thailandese che è debitrice al turismo per oltre il 20% del Gdp in un’economia che è la venticinquesima al mondo.

I giovani sanno bene che centinaia di migliaia tra loro saranno disoccupati quando si laureeranno a settembre, e si uniranno a milioni di nuovi disoccupati appartenenti ai ceti medi e poveri nella disoccupazione, in un paese dove il sistema assistenziale è più assente più che deteriorato se solo ad alcuni lavoratori, durante il periodo di lockdown di circa tre mesi, gli è stato riconosciuto un importo mensile di 5.000 bath ovvero 150 euro circa.

Moltissimi addetti al turismo e operai dell’industria manufatturiera thailandese hanno già abbandonato i loro posti di lavori e sono tornati in campagna ai campi di riso dei padri.

I giovani manifestanti hanno scelto come loro divisa vestiti il color nero, molti di loro hanno poi adottato un nuovo amuleto votivo.

I pendagli tradizionali sono benedetti dai monaci e spesso rappresentano immagini di santi buddisti e reliquie, i nuovi la riproduzione di una lattina di Red Bull.

“La ricchezza del nipote del fondatore, reo di avere investito ed ucciso un poliziotto, gli ha evitato il carcere”, mi dice Jom, “in Thailandia, il potere del denaro conta più di mille preghiere nei templi e del comportamento rispettoso e retto, tanto vale celebrarlo con un amuleto e portarlo al proprio collo”, mi sorride ironica.

 

https://www.fidh.org/IMG/pdf/thailande731aweb.pdf

 

https://anfrel.org/wp-content/uploads/2019/06/Thai-Report-2nd-edition.pdf

 

29 luglio 20

 

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