Come faccio a spiegare a mia figlia le istruzioni per l’uso di internet?

Il problema è complesso perché la spiegazione deve essere comprensibile a mia figlia di otto anni e deve essere sufficientemente chiara perché sia condivisibile. L’obiezione di chi mi chiede che cosa fa una bimba di otto davanti ad uno schermo, mostra che non si hanno figli in età scolare. La digitalizzazione coatta della scuola sbatte i bambini davanti allo schermo a sei anni ed i genitori lontano, anzi in castigo, perché possono aiutare.

Al netto dell’attivazione di controlli automatici a tutela dei minori, mia figlia comincia a capire che qualcosa non funziona come vorrebbe perché lo schermo è invaso dalla pubblicità e non riesce a liberarsene.

Forse potrei dire così.

Per chi come me è nato negli anni sessanta del secolo scorso, il computer prima e la rete poi sono stati una rivoluzione. Mia madre telefonava con un duplex, una linea di rame per due utenti, se uno parlava l’altro trovava la linea occupata, ora abbiamo computer di calcolo in casa migliore di quelli che hanno mandato Armstrong sulla luna nel 1969. Fin qui tutto bene, si risparmiano calcoli complicati e tempo per le ricerche di testi di filosofia romanza che avrebbero richiesto giorni.

Il processo di formazione del pensiero e della conoscenza erano più lunghi e la pazienza era la migliore virtù del mondo. Io che sono cresciuto sugli schedari della Sormani, la biblioteca dei milanesi, ricordo il piacere sottile di trovare un testo, un riferimento ed il “mettere insieme le cose” per costruire qualcosa di nuovo. Il piacere ed il valore del mio lavoro era dato dal tempo utilizzato e dall’impegno profuso. Oggi tutto è immediato ed accessibile, utilissimo ma anche tossico. Il guadagno del tempo produce un’inflazione di ore che pochi utilizzano in modo appropriato, i più in attività ricreazionali ripetitive compulsive (per esempio i giochi sparatutto ed il calcio virtuale).

Inoltre per qualsiasi cosa vada a cercare in rete qualcun altro lo scopre e lo cataloga. Divenuto un foglio di desideri, consumi e curiosità si diventa una figurina, pronta ad essere usata e scambiata. Ogni tanto possono anche indirizzarmi di là e di qua, perché conoscono la mia pancia e sanno cosa farmi mangiare e dove portarmi al pascolo. Non serve usare la briglia perché mi accomodo docilmente e forse dopo qualche tempo mi ritrovo a ruminare un foraggio che neppure mi piaceva, perché la rete ed i suoi padroni sono fatti così, come la droga che si chiama oppio, che “rallenta i riflessi e la vitalità del corpo aumentando contemporaneamente l’euforia e la resistenza al dolore fisico” e “durante l’assunzione si può transitare dalla veglia all’inconscio e viceversa”, grazie Wikipedia.

Non va bene, mi sono spinto troppo in là, mia figlia non può capirci ancora qualcosa, devo aspettare ancora qualche anno, mi limiterò a dire che per il pokemon che ti regalano vogliono che tu ne compra altri dieci e papà non ha i soldi perché la peste cinese ci ha resi attenti al superfluo, in attesa di rimpiangere il necessario. Dai vieni, prendi il frisbee ed andiamo in giardino che è una bella giornata.

Per un approfondimento più equilibrato ed analitico si acquisti, o meglio si vada a prendere in biblioteca, Shoshana Zuboff “Il capitalismo della sorveglianza – il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri” di Luiss editore

30 maggio 20

 

©2024 - Altriorienti - Accesso amministratori - Questo sito non raccoglie informazioni personali e non usa cookies

Log in with your credentials

Forgot your details?