Alea iacta est

 

Biden o Trump non è importante, la Cina è e sarà il rivale del secolo americano.

La recente pandemia Covid 19 esito da una gestione opaca dell’amministrazione cinese e gli effetti conseguenti sulle vite degli americani, ha indotto gli stessi democratici a non avere dubbi a riguardo delle prossime linee di politica estera.

Fino agli ultimi mesi del 2019 la posizione dei think tanks democratici mostravano una certa prudenza nei confronti dell’amministrazione di Xi Jinping, durante la campagna per la nomination del candidato democratico, il giornalista Michel Schuman, in “The Discord of the U.S. Stance Against China” un articolo su “The Atlantic”, osservava che la Cina pur rappresentando la più grande sfida per la leadership globale agli Stati Uniti rimaneva intrinsecamente legata da partnership economiche, rendendo la sfida più sottile rispetta al precedente russo, dove i mondi erano davvero separati ed indipendenti nei due rispettivi blocchi.

L’elemento dell’interdipendenza ha rappresentato per anni il maggior elemento di divisione tra i manager delle maggiori aziende americane e l’amministrazione repubblicana, i primi consideravo i vantaggi immediati di un mercato in espansione e le opportunità conseguenti, James Mc Gregor presidente della Apco Worldwide, l’importante società di consulenza, ha affermato che “la Cina è molto brava a far sapere a queste società dove si trovano i loro interessi”, un esempio erano l’insoddisfazione manifestata da importanti società come Google, Qualcomm ed Intel, alla chiusura dei mercati americani di Huawei e ZTE.

 

https://www.theatlantic.com/international/archive/2019/07/how-will-democrats-deal-china/594817/

 

Che le principali aziende americane abbiano guardato con maggior interesse il mondo democratico, più aperto alle dinamiche del libero mercato e della globalizzazione è questione nota da tempo, come dai grafici in allegato.

 

https://howmuch.net/articles/the-30-biggest-political-donors-on-the-fortune-500

 

Fino a maggio 2019, Biden ha minimizzato la minaccia che la Cina ha posto agli Stati Uniti in risposta alla guerra commerciale dell’amministrazione Trump. In una dichiarazione pubblica, Biden aveva affermato che la Cina non era in competizione con gli Stati Uniti.

E’ nel 2020 che il gioco si spariglia, la Cina mostra i muscoli e non mostra pentimento dopo aver diffuso il virus in occidente per i gravi ritardi ed ha immediatamente approfittato per alzare i toni della competizione economica (campagna di acquisizioni di società strategiche ed in difficoltà), tecnologica (5g e Huawei), militare (India, Nepal, Golfo del Tonchino) ed egemonica (Hong Kong).

 

https://www.pewresearch.org/global/2020/04/21/u-s-views-of-china-increasingly-negative-amid-coronavirus-outbreak/pg_2020-04-21_u-s-views-china_0-01/

Il Brooking Institutution, un importante think tanks di area democratica, condivide le preoccupazioni dell’amministrazione Trump. La strategia a lungo termine della Cina è un tentativo revisionista di decostruire l’ordine mondiale liberale e spodestare gli Stati Uniti come potenza mondiale, come la Belt and Road Initiative è un affronto alla governance democratica.

 

https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2020/05/15/the-global-fragility-strategy-posturing-the-united-states-for-a-reshaping-world-order/

 

Hunter Dorwart, nell’articolo “US consensus view sees China as the enemy Both Republicans and Democrats now agree that confronting China is America’s paramount challenge”, pubblicato su AsiaTimes, scrive:

“Indipendentemente dai sentimenti personali di Biden nei confronti della Cina o del presidente Xi (i due si vantano di una personale amicizia ndr), la situazione politica in patria lo costringerà a prendere una posizione sempre più ostile verso la Cina. Sostenendo il “mondo libero”, gli strateghi di Biden stanno concentrando la loro risposta alla lotta contro la diffusione di regimi autoritari e illiberali in tutto il mondo e stanno iniziando a mettere in discussione alcune delle ipotesi alla base della politica estera americana negli ultimi dieci anni.”

 

https://asiatimes.com/2020/05/us-consensus-view-sees-china-as-the-enemy/

 

Ely Ratner, vice consigliere per la sicurezza nazionale di Biden nel secondo mandato di Obama, ha addirittura sostenuto che i principi guida della posizione di Obama sulla Cina erano sbagliati.

Negli ultimi due decenni, molti politici americani hanno creduto che l’impegno commerciale con Pechino avrebbe gradualmente costretto la Cina a liberalizzare e diventare un stakeholder responsabile nell’ordine internazionale basato sulle regole. Oggi, all’interno della Washington Beltway in molti si lamentano per il nascente autoritarismo cinese, la sua distopia digitale di sorveglianza, controllo di Internet e il “sistema di credito sociale” che presumibilmente premia e punisce i cittadini cinesi per la loro attività politica e sociale.

 

https://www.foreignaffairs.com/articles/china/2018-02-13/china-reckoning

 

Secondo la Camera di commercio americana, molte aziende statunitensi stanno iniziando a esprimere le loro lamentele più forte, con la sfiducia nei confronti della Cina che cresce ogni anno. Ciò spiega in parte perché la politica cinese di Trump ha raccolto molto supporto bipartisan, cosa che la leadership cinese ha chiaramente sottovalutato nel 2017.

 

https://www.caixinglobal.com/2020-03-11/american-companies-less-willing-to-invest-in-china-survey-shows-101526675.html

 

Biden o Trump … il Rubicone è alle spalle.

10 agosto 20

 

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