Nella giornata di ieri il giornale vietnamita Vnexpress on line riportava la notizia dell’arresto di un uomo di venti anni che aveva venduto la propria fidanzata ad un cinese per la somma di 645 dollari americani che l’avrebbe sposata. La ragazza dopo due mesi di prigionia, non le era dato uscire di casa da sola, è riuscita a fuggire dal marito cinese e tornare in Vietnam dove ha sporto denuncia e far arrestare il proprio fidanzato.

Il tema della tratta delle donne in Vietnam è denunciato quotidianamente dai mezzi d’informazione locali, secondo le autorità di Hanoi, dei 1.000 rapimenti scoperti tra il 2016 e il 2019 oltre l’80% delle vittime erano state vendute a cinesi. Il fenomeno è principalmente diffuso nelle province del confine settentrionale e la maggior parte delle vittime sono donne e bambini.

I trafficanti utilizzano principalmente Internet, i siti di giochi ed in particolare, i social media per attirare potenziali vittime in situazioni di vulnerabilità, mentre molti uomini invogliano giovani donne e ragazze con relazioni di appuntamenti online e le convincono a trasferirsi all’estero e poi sottoporle a lavoro forzato o costringerle alla prostituzione.

La Cina, un paese con oltre un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, paga il peggior tasso di squilibrio di genere sessuale a causa della sua politica del figlio unico abrogata solo nel 2013, con una mancanza di 30-40 milioni di donne, tutto ciò ha portato ad un aumento del traffico di donne e bambine vietnamite e di altri paesi confinanti.

Human Rights Watch ha indagato sul traffico di mogli dal Myanmar settentrionale alla Cina.

Qui le donne e ragazze sono ingannate da caporali che promettono un lavoro ben retribuito in Cina, per essere poi vendute per una cifra tra i $ 3.000 ed i $ 13.000 a famiglie cinesi.

Divenute schiave sono sottoposte a pressioni affinché partoriscano il più rapidamente possibile. Storie simili sono state documentate da giornalisti e ricercatori in Cambogia, Corea del Nord, Pakistan.

Per anni le autorità di Pechino hanno ignorato la questione, ma il tema è oramai diventato centrale nei media dei paesi confinanti creando uno sconcerto sempre maggiore, così che il governo cinese non ha potuto negare l’evidenza e per ragioni di opportunità politica cominciare a considerare il problema per migliorare la sua immagine globale.

Funzionari della provincia cinese dello Yunnan, che confina con il Myanmar, hanno recentemente condiviso alcuni dati sui loro sforzi per combattere la tratta.

Human Rights Watch riporta l’incontro con un’attivista che aveva partecipato a un viaggio di studio in Cina per i gruppi per i diritti delle donne del Myanmar. In una sessione, un professore cinese avrebbe spiegato ai visitatori che il problema non era la tratta ma che: “Le donne del Myanmar non conoscono la cultura cinese. Una volta che imparano la lingua e la cultura cinese, i loro matrimoni vanno bene”.

Per quanto drammatica la vicenda della ragazza vietnamita venduta per 645 dollari, ancora più sconcertante è la vicenda di Nguyen Thi Bien di 51 anni, una contadina povera e senza istruzione.

Venduta da un connazionale nel 1991 ad un cinese una volta passato il confine, è stata tradotta in una zona remota della Cina rurale e trattata come una schiava, costretta a lavorare nei campi senza la possibilità di uscire di casa per oltre 28 anni, con la sola eccezione di andare ad un mercato locale.

Pochi mesi fa la polizia l’ha trovata senza alcun documento di identità, arrestata e condotta in prigione per due settimane prima di portarla vicino al confine lungo la provincia vietnamita di Lang Son.

Abbandonata in una foresta insieme ad altri sette connazionali che avevano avuto il medesimo destino, aveva camminato per circa 10 chilometri attraverso una foresta fino alla capitale di Lang Son.

Oggi Nguyen Thi Bien ha potuto riabbracciare la famiglia, ha quasi dimenticato il vietnamita e soffre di depressione, non è dato sapere se ha dato al mondo dei figli.

 

8 ottobre 20

 

 

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