L’articolo del South China Morning Post dello scorso 27 gennaio, dal titolo: “The Chinese scientists leaving top US universities to take up high-profile roles in China, boosting Beijing in its race for global talent”, annuncia il ritorno delle migliori menti del paese in trasferta nella madrepatria. La lista degli scienziati è lunga e dettagliata, abbiamo fisici, chimici, matematici, esperti di dinamica dei fluidi e di razzi supersonici. I migliori ritornano a casa per portare le competenze che hanno acquisito all’estero e che consentiranno alla Cina di superare gli Stati Uniti nella competizione globale, come ricordano le decine di commenti entusiasti dei lettori del giornale. Poco oltre, un altro articolo ricorda che le autorità americane sottopongono ad interrogatori gli studenti cinesi alla  frontiera per capire le ragione dei loro viaggi di studi. L’amministrazione Trump e la successiva di Biden hanno imposto limitazioni all’ingresso dei figli di Xi Jinping nelle migliori facoltà scientifiche, suscitando le critiche più feroci dell’autorità di Pechino ed i bot-lettori.

Il riscatto e l’orgoglio paiono essere le linee guida del pensiero contemporaneo cinese. Da quando le cannoniere inglesi si sono presentate davanti le coste meridionali della Cina, per sostenere con il piombo ed il fuoco il commercio dell’oppio della Regina Vittoria, un profondo senso di sconforto e disagio ha attraversato il popolo dell’impero di mezzo. Lentamente il ricordo si è fuso con il mito, colorando un tempo in cui la Cina era centro di ogni cosa ed il più avanzato dei paesi al mondo, mentre le giunche cantonesi con le colubrine venivano fatte a pezzi dalla prima nave da guerra spinta a vapore dal nome “Nemesi”, tanto per mostrare a tutti noi che il caso è un’accidente per gli sciocchi.

L’idea della superiorità della Cina contemporanea trova nutrimento nel passato, ma non osserva il presente e disdegna le notizie scomode, come l’ordine di un tribunale di Hong Kong di liquidare il colosso immobiliare Evergrande, capace di un passivo di 330 mld di dollari, che pare essere la voragine più grande della storia di un’iniziativa privata. L’anima cinese supera questi accidenti ed ogni altro, reclama il suo tempo e dichiara un’imminente vittoria per riprendersi quanto è stato proprio prima di due secoli di declino. I giornali cinesi riportano racconti di viaggi effettuati secoli fa nel mondo conosciuto, ed ancora appassionano i lettori le scoperte alternative delle americhe o dell’Australia. Infine si giustificano diritti e proprietà nei mari del sud, ad esempio davanti le Filippine, perché un loro antenato ci aveva navigato prima di Magellano. Il mondo cinese è fatto di questa dichiarata superiorità ed ogni occasione è utile per ricordarlo. La Cina, si sostiene, si nutre di una civiltà superiore ed è pronta a prendersi quello che le è stato tolto perché il tempo dell’oblio è finito. Il complesso di superiorità è affare ambivalente nella disciplina della psicologia, si racconta che chi spende il proprio tempo a dirsi migliore soffra di un disagio profondo, figlio di traumi antichi. A pensarci bene, pare proprio il caso della Cina, che annuncia il proprio predominio sul mondo e manda i propri figli a studiare negli Stati Uniti ed a curare i tumori con la medicina occidentale, quando ha fatto carte false perché la pratica tradizionale, fatta di ossa di tigre e scaglie di pangolino, possa essere riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Gli scienziati ritornano a casa ed un pesciolino rosso si mostra con una pinna da squalo ma il paese è in deflazione, i giovani sono pochi per sostenere le pensioni di chi si è ritirato dal lavoro tra i cinquanta ed i sessant’anni d’età ed i risparmi si azzerano negli investimenti a perdere del settore immobiliare. Sembra il nostro bel paese, ma è la Cina, con le parole del leader Xi Jinping a ricordarci che l’estrema povertà è sconfitta, ma la strada per la crescita è ancora in salita, o per dirla come Vittorio Gassman, che anche loro hanno un grande avvenire dietro le spalle.    

1 febbraio

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