I principali quotidiani nazionali ne hanno fatto un caso, mostrando le immagini di cosa succede ogni giorno in Viale Toscana a Milano, presso l’associazione “Pane Quotidiano”. Poco conta che il Corriere delle Sera titoli “distribuzione di pasti caldi” e nessuno dello loro redazione sia andato a vedere cosa succede (pane e non altro), perché questo è solo l’ennesimo scivolone dello sbandato di via Solferino. Percorro quella strada ogni giorno ed anche oggi, vedendo crescere nei mesi quella fila di bisognosi, che corre oltre all’incrocio di Via Castelbarco sotto un cielo livido di dicembre e pioggia battente.

Dove oggi abbiamo le torri tozze in acciaio forato della nuova Bocconi ieri si trovava un’eccellenza, la Centrale del Latte di Milano, dismessa e svenduta anni fa dall’amministrazione del sindaco Albertini, che occupava con profitto d’impresa centinaia di lavoratori, dall’altra parte di Viale Toscana aveva sede la fabbrica Om, dove si costruivano camion e si impiegavano oltre cinquemila persone.

Oggi di quello spazio e di quel nome, rimane un parco dedicato dove portare i cani a passeggio. In questa immagine e nello spazio di poche centinaia di metri, le riflessioni sulla storia, lo sfruttamento e l’abbandono degli ultimi in occidente.

Tornato a casa ho ascoltato l’ultima esternazione di Federico Rampini sulla Cina al programma di Giovanni Floris, interrogato sui rapporti Usa – Cina, il nostro FR ha suggerito che l’occidente dovrebbe imparare dalla Cina, come loro da noi negli anni 70 ed 80, perché sono “il sole dell’avvenire”, parole mie queste ultime, ma il concetto era quello, perché il primo amore non si scorda mai.

Ho deciso che la misura è colma ed è bene dedicargli qualche pensiero, perché la Bocconi, la de-industrializzazione e dismissione del paese e la miseria sono strettamente legate – “dismissione” quale memorabile titolo del libro di Giovanni Rea del 2002 sulla svendita di un’acciaieria a nuovi padroni cinesi. 

FR è ex bocconiano con la tessera del partito in tasca, il più noto degli opinionisti globali, sempre presente in ogni dibattito sui destini del mondo, vestito di una giubba rossa, ma capace di piacere a molti altri per il pensiero radiante e pacato. Avevo deciso di lasciarlo a margine di tante riflessioni ed analisi sulla Cina di questi mesi, mi pareva troppo leggero e troppo elusivo nelle analisi sul regime di Pechino, nulla in FR mi pareva tanto originale da essere degno di nota, troppo spesso quanto diceva lo avevo letto poche settimane prima sull’Economist o sul South Morning China Post (chi è interessato allo scandalo degli articoli cannibalizzati di Rampini troverà ampia documentazione in rete).  

Non abbiamo molto da imparare dalla Cina, per loro lo sviluppo coincide al peggior capitalismo fatto di sfruttamento delle persone e distruzione del pianeta giustificando l’inquinamento con la crescita, altro che sciocchezze new age sulla spiritualità dell’oriente e sul nostro materialismo. In merito alla formazione, i cinesi continuano a mandare i propri figli a studiare all’estero (solo 400.000 negli Stati Uniti) e chi può, cura i propri tumori con la medicina occidentale e non con le scaglie di pangolino.

La Cina di FR vive il capitalismo parassitario, di chi copia e non innova, “rob, replicate and replay” (ops … ve ne sono altri), perché i ricchi profitti delle esportazioni finiscono nelle casse dello stato che prestano soldi ad usura ai paesi africani in via di perenne sviluppo. Incarcerano i dissidenti di Hong Kong ed hanno campi di rieducazione per milioni di islamici iuguri, abbattono con il tritolo chiese cristiane e perseguitano i vescovi di Roma, come ricorda quotidianamente l’Istituto Pontificio Missioni Estere nel silenzio ipocrita della realpolitik.

Spesso fanno abortire le loro donne se in attesa di una bambina, perché laggiù il tema della parità di genere funziona diversamente dal bistrattato occidente, ma per fortuna il loro esercito è scadente, hanno dato una mano di grigio ad una vecchia portaerei ucraina comprata di seconda mano ed i loro caccia da combattimento sono copie di Sukhoi di vecchia generazione.

FR è stato tutto e ha detto di tutto, è nato bene (non è colpa) e cresciuto dappertutto (questa è una fortuna), si è iscritto alle università senza laurearsi (?!), ma non per questo trovare qualche buon amico che gli fa tenere seminari di economia in diverse università, da Berkeley a Shangai (!?) alla stessa SDA Bocconi, figlio della sinistra radicale italiane in cashmere e dei suoi giornali, iscritto al partito comunista con posizioni tanto massimaliste che lo fecero approdare in Cina come corrispondente, dove si vestiva come un hippy anni 70.

Liquido cittadino del mondo, spiccò il volo per gli Stati Uniti ed appena fu possibile dove prese la cittadinanza, perché è aspirazione di tanti agit-prop avere un passaporto americano o inglese, penso alla governatrice rossa di Hong Kong Carrie Lam, che ne aveva uno per sé e la sua famiglia prima di doverlo restituire nel 2007.

FR ha sempre avuto simpatie per i democratici Usa più estremi ed anti-sistema, i beneficiari dei maggiori finanziamenti delle multinazionali, che vedono nel mercato globale il futuro e poco importa che i lavoratori di questa parte del mondo vadano in miseria, hanno avuto abbastanza prima. FR non vede e non vuol vedere che nove dei dieci stati più ricchi hanno votato per Biden e quattordici dei quindici più poveri per Trump ed il rapporto identitario tra repubblicani e democratico si è invertito, i democratici sono il partito del capitale globalizzato ed i repubblicani dei lavoratori e che si chiamino pure ignoranti, razzisti e xenofobi. 

Più nero dei black lives matters, più a sinistra della Ocasio Cortez, verde vegetariano light ed appassionato di yoga, quello che non si può però sopportare di FR è la sudditanza al soft power cinese, al minimizzare i crimini contro l’umanità e lo sterminio di popoli. Tiepido con la Cina e critico con il modello democratico americano, se perde le elezioni Trump potrà gridare ai brogli e sbufferà due mesi, ma a metà gennaio sloggia dalla Casa Bianca ed entra Biden perché gli Stati Uniti rimangono un modello di civiltà e non una vergogna e perché in solo sessant’anni siamo passati da Rosa Parks, che fatica a sedersi su un autobus, ad Obama presidente alla Casa Bianca. 

Altrove abbiamo parlato dello stordimento di certa sinistra per il modello cinese, ma si trattava di dotti professori della costa est americana, qui parliamo di un ex ragazzo con i capelli sempre lunghi, il pugno in bella vista e birbantello con i compiti. Si trova seduto ad una grande altezza sopra il ramo sfibrato della globalizzazione, “rampegà” in milanese vuol dire arrampicare, ma non preoccupiamoci troppo, gli FR cadono sempre in piedi.

13 dicembre

 

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