Sarebbe stata una cosa divertente che desideravo fare e che non farò più.

Pensare a David Foster Wallace ed alla sua crociera raccontando il Jumbo Restaurant, il monumentale barcone galleggiante che era ormeggiato al porto di Aberdeen ad Hong Kong.

Ogni volta che lo osservavo da lontano venivo assalito da un sentimento contraddittorio. Le luci al neon, le dimensioni gigantesche che ne facevano un ristorante da oltre duemila coperti e dotato di tre ponti, il kitsch cantonese fatto di draghi di cartapesta colorati di rosso e di giallo, i saloni lussuosi e le giovani cameriere vestite di abiti di seta, avrebbero suggerito a chiunque nato ad occidente di Kashgar di tenersi a distanza, ma mi stordiva il suo fascino fino a prendere la decisione che ci sarei andato la prossima volta che avessi messo piede ad Hong Kong.

Non sarebbe stato quest’anno. Gli alberghi autorizzati alla quarantena – ridotta a sette giorni – sono esauriti fino ad agosto e le ragioni personali che mi avrebbero portato laggiù sono venute meno. Gli amici se ne stanno andando e la città è diventata a loro dire cupa e deprimente. Bloomberg ricorda che sia la città al mondo più costosa per gli expat, mentre i quotidiani cinesi raccontano come Hong Kong sia diventata ricca ed importante, snocciolano dati ad uso di chi ci vuole credere. Poi la stampa asservita a Pechino ci ricorda che tra pochi giorni, il trenta di giugno abbiamo la ricorrenza venticinquennale della restituzione alla Cina della colonia di sua maestà e della ferale legge sulla sicurezza nazionale che ha reso Hong Kong un Dominion di Xi Jinping, facendosi beffe degli accordi con il Regno Unito. Il primo di luglio ci celebrerà la salita al trono del vice re di Pechino John Lee, il poliziotto che ha sedato le proteste democratiche a bastonate, tanto da farci riflettere sul predecessore Carrie Lam e farla ritenere una fanciulla al primo ballo.

Il Jumbo nel frattempo aveva chiuso i battenti da tempo. Le feroci norme sul Covid hanno reso i costi insostenibili, come le normative igieniche sanitarie e gli standard di sicurezza alimentare. Pochi giorni fa i giornali locali ne celebravano la storia, il Jumbo è stato il perfetto set cinematografico della città, ricordiamo un James Bond d’annata e di un film di Soderberg dal titolo promettente “Contagion” datato 2011, la storia di un virus dei pipistrelli che fa strage di venti milioni di persone, ma anche di momenti più divertenti come l’immancabile Jackie Chan, fino alla stessa regina Elisabetta che ne era stata ospite.

Il barcone ha poi malinconicamente preso il mare per un luogo imprecisato trascinato da un rimorchiatore e la città di Hong Kong si è fermata un attimo a riflettere su un pezzo della propria storia che se ne andava. Oggi abbiamo saputo che il Jumbo è affondato davanti alle isole Paracel in oceano aperto e che giace a mille metri di profondità, i proprietari dicono che si è capovolto e davvero non riesco a capire che differenza fa. Dove andasse il Jumbo rimane un mistero ed a pensare male non è mai sbagliato, perchè i bordi del barcone erano alti un paio di metri e non potevano sfidare le onde di Nettuno e già si scrive di assicurazioni milionarie e di conti in rosso. 

Il sito del Jumbo Restaurant è ancora attivo. Racconta di storie e ricevimenti, matrimoni e menu, le foto sono ricercate ed hanno un retrogusto agrodolce. Suggerisco di visitarlo fino a quando sarà visibile on line e farsi cullare da una Hong Kong melanconica tanto simile a quella che avevo conosciuto ed amato.

24 giugno

 

 

 

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