Si racconta che Emilio Salgari fumasse oltre cento sigarette al giorno, e che avesse una predilezione per gli spiriti ad alta gradazione che beveva in abbondanza. Le giornate passavano uguali dalla mattina fino al tramonto a scrivere di avventure, fantascienza, pirati e di lontano Oriente. Un genere nuovo e presto popolare, perchè viaggiare per conoscere era faccenda per pochi, i più avevano qualche motivo, così i missionari o i soldati, i commercianti e gli ambasciatori.

Nato nel 1862 il giovane Salgari aveva frequentato l’Istituto Nautico di Venezia per divenire capitano di naviglio. Non aveva mai concluso gli studi seppure si vantasse del titolo, così il suo orizzonte è sempre stato di terra vivendo nelle città del nord come Genova e Torino. L’unica tempesta che aveva conosciuto era stata una mareggiata a Genova. La sfortuna volle che la casa dello scrittore fosse tanto vicina alla battigia che l’acqua sfondò le finestre penetrò nello studio, danneggiando gli appunti di lavoro, mentre la risacca dell’onda si portò via racconti e romanzi inediti.

Scriveva d’Oriente, perché era sua consuetudine frequentare le biblioteche e fare delle note e dei resoconti altrui le proprie, inaugurando un genere letterario che fece milionari ottant’anni dopo Ken Follett e Wilbur Smith. Non Salgari, che era tanto abile a scrivere ma tanto poco a curare i propri interessi. Sappiamo che fece ricchi gli editori e che lavorasse a modesto stipendio fisso, una sciocchezza per chi come lui era il maggior scrittore del tempo e che vendeva centinaia di migliaia di copie , tanto popolare che nel 1897 venne insignito del titolo di “Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia”.

Si sposò con Ida Peruzzi attrice dallo sguardo severo, ebbero quattro figli e non guadagnò mai abbastanza da essere libero dai debiti. Salgari raccontò di Mompracen e del pirata Sandokan, che si batteva contro gli usurpatori inglesi, ma a guardare bene il terribile Brooke ricordava i suoi editori. Iracondo e fumantino, facile alla rissa – si ricorda che offeso da Giuseppe Biasoli, un giornalista veronese che lo chiamò “mozzo”, lo sfidò a duello uscendone lui vivo e la penna ferita ed in ospedale – il sangue segnò in modo tragico la vita di Salgari. Suicida il padre, suicida Emilio Salgari attraverso una sorta di seppuku di gusto giapponese in un boschetto vicino a casa a soli 48 anni, rimangono le ultime tre lettere lasciate a chi sarebbe rimasto ed il “pagate almeno il mio funerale e rompo la penna” come urlo di dolore e di offesa, verso gli editori che nulla avevano fatto per salvarlo.

Anni dopo il fascismo accusò l’editore Bemporad di essere responsabile della morte dello scrittore e lo fece attraverso una campagna diffamatoria. Erano gli anni del crescente antisemitismo ed era gioco facile mostrare che una faccenda privatissima, come il suicidio, fosse una questione razziale, Salgari detestava i suoi datori da lavori, ma era disperato per l’internamento della moglie amatissima in un ospedale psichiatrico con una diagnosi che oggi farebbe sorridere, “Erotismo esasperato, spiccato amore ideale”.

Il destino dei Salgari sembra essere maledetto. La figlia Fatima morì di tubercolosi tre anni dopo il padre nel 1914, la moglie amatissima all’ospedale psichiatrico di Collegno nel 1922. Nel 1931 Romero si tolse la vita dopo aver tentato di uccidere la moglie, il figlio e il cognato. l figlio Nadir si schiantò in moto nel 1936 e per ultimo il figlio Omar, che si gettò da una finestra di casa propria a Torino nel 1963.

Tragica sorte dell’uomo e della sua famiglia che fece conoscere l’Oriente all’Italia contadina e provinciale del primo novecento, con la sua prosa popolare ma colorata del sogno.

“La mezzanotte del 20 aprile 1847, un acquazzone diluviale, accompagnato da scrosci di folgore e da impetuosi soffi di vento subissava la solitaria e selvaggia Mompracem, isola situata sulle coste occidentali di Borneo, e il cui nome bastava in quei tempi a spargere il terrore a cento leghe all’intorno. L’abitazione della Tigre della Malesia, posta come aquila su di una gran rupe tagliata a picco sul mare, a cinquecento passi dalle ultime capanne del villaggio di Gjehawem, quella notte, contro il solito, era illuminata. Dai vetri colorati di una stanza a pianterreno, uscivano getti di luce rossigna, che rischiaravano fantasticamente le asperità delle roccie e le trincee e le gabbionate sparse all’esterno.

https://docplayer.it/1142835-Emilio-salgari-la-tigre-della-malesia.html

18 giugno

Emilio Salgari

Ida Peruzzi

 

La famiglia Salgari

 

 

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