Botta e risposta nel bilaterale di Anchorage tra Stati Uniti e Cina, nelle accuse reciproche di violazione dei diritti umani.

Pechino adotta la wolf warrior diplomacy fatta di inusitata violenza verbale.

Il nuovo corso cinese è fatto di minacce e non arretra di fronte alle pressioni dell’occidente.

Come ha scritto l’Economist della scorsa settimana, la Cina scommette sulla decadenza degli Stati Uniti e dell’Occidente, così da poter mostrare gli artigli ed affondarli nel corpo del rivale.

L’Occidente fiuta la minaccia ed il pericolo, e per la prima volta dal 1989 (allora fu Tienanmen) la Eu si è espressa contro la politica cinese nei confronti della minoranza degli iuguri turcofoni ed islamici ed annuncia sanzioni.

Poi gli scontri ad arma bianca nel Ladakh indiano ed i lottatori di mma cinesi a mostrare che le baruffe di confine si risolvono con le mani ed i coltelli.

I due giganti d’oriente hanno deciso così, ma è Pechino che mostra un’aggressività che è diventata un modello della nuova società cinese.

In Cina mancano milioni di donne, sterminate con una politica selettiva di aborti a seguito della politica del figlio unico in vigore fino al 2013, tuttavia il governo di Xi Jinping vede la propria società poco virile e la condizione femminile vive un disagio che la pone tra i peggiori paesi al mondo per opportunità e diritti.

Poche settimane fa veniva pubblicata la notizia che i maschi cinesi vengono considerati poco determinati così serve un nuovo processo di ricondizionamento sociale che possa renderli marziali nell’’affrontare le sfide della vita.  

Così la reazione cinese di fronte alle sanzioni occidentali non si è fatta attendere. Alla chiamata a difesa dell’orgoglio nazionale hanno risposto i principali artisti cinesi, attori e pop star che avevano firmato contratti milionari che le maggior griffe internazionali.

Abbiamo scoperto che Wang Jibo la maggiore icona del pop cinese, ha stracciato i contratti con i marchi occidentali, è un ragazzo dall’identità sessuale incerta, o se preferite fluida, non tanto diversa di quella che sono tanto di moda nel decadente occidente descritto da Xi Jinping e che si ritrova al Festival di Sanremo, io da uomo del novecento rimpiango Modugno.

Immagino il disappunto dell’oligarchia cinese, cresciuta nell’iconografia di regime di un uomo cinese forte e pronto al sacrificio per il sole dell’avvenire. “Avremmo voluto portargli la democrazia, hanno preferito l’identità gender fluid”, mi dice con sottile ironia Michele Capozzi, il più irregolare dei filosofi italiani. 

10 aprile

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