La “Signora di Shangai” film del 1947 diretto da Orson Welles è un classico di genere, un uomo ingenuo interpretato dallo stesso Welles incontra una donna fascinosa Rita Hayworth sposata ad un marito vecchio ed infermo di cui si vuole disfare, il delitto del socio del marito, il passato che ritorna perché la Hayworth ha una storia oscura ed ambigua a Shangai e Macao che la mostra per la sua natura criminale e calcolatrice ma anche fragile.

Alcune scene rimangono pietre miliari nella cinematografia di Welles, come l’incontro tra lo stesso  Welles e la Hayworth in un acquario tra le ombre nere di piovre e murene, a Chinatown in un teatro che potrebbe essere Shangai e la scena finale del regolamento di conti all’interno del labirinto a specchi.

“Un melange psichedelico,” scrive Josh Larsen, “che sovrappone immagini fisse ai riflessi degli specchi, la sequenza riesce a evocare più Hayworth nello stesso fotogramma, alcuni dei quali sono splendidi glam-bang e altri sono stranamente distorti. (Welles ndr) È esattamente così che la vede La Signora di Shanghai: irresistibile e ripugnante allo stesso tempo. Incapace di conciliare quelle reazioni contrastanti, nei suoi ultimi istanti prende la decisione profondamente inquietante di incolparla e lasciarla per morta.”

Il film risulta essere imperfetto ed eccessivo, mentre la trama è a tratti tanto contorta da apparire sconclusionata perché soffre di un montaggio della Columbia che produsse il lungometraggio, ma lo mutilò nella versione di Welles da 155 minuti a soli 87.

La “Signora di Shangai” è quindi una storia oltre il film, è lo scontro tra due giganti di Hollywood, il produttore Harry Cohn presidente della Columbia e Orson Welles, che in quegli anni rappresentava quanto di meglio poteva offrire la cultura alla tradizione popolare, oltre tutto era sposato con la stessa Hayworth che era l’ossessione di Cohn.

Il produttore desiderava Rita Hayworth, la desiderava come considerava di sua proprietà tutte le attrici che ingaggiò nella sua straordinaria carriera.

Sam Kashner ha scritto su Vanity Fair:

“Si diceva che Harry Cohn avesse messo più persone nel cimitero di tutti gli altri magnati messi insieme. Gestiva la Columbia Pictures come se fosse un’azienda di famiglia, e in un certo senso lo era, perché aveva strappato il controllo a suo fratello Jack, che era tornato sulla costa orientale di New York. A metà degli anni ’30, Cohn aveva trasformato la Columbia da uno studio di film di serie B a basso affitto sulla “Poverty Row” di Hollywood, a un isolato da Sunset, in un importante studio cinematografico di Hollywood. Cohn voleva essere conosciuto come il magnate più duro e cattivo di Hollywood. Brandiva un frustino e lo colpì sulla scrivania per terrorizzare i dipendenti. Teneva una fotografia incorniciata del suo eroe, Benito Mussolini, sulla sua enorme scrivania e aveva il suo ufficio decorato per assomigliare a quello del Duce. Il giornalista James Bacon, appena uscito da Chicago, è stato assegnato a coprire Hollywood per l’Associated Press nel 1948. “Sono passato dalla copertura di Al Capone alla copertura di Harry Cohn”, ricorda Bacon. “Cohn era di gran lunga il più cattivo. Avrebbe tenuto d’occhio tutti gli scrittori. Licenziava sempre le persone, di solito alla vigilia di Natale”.

Nel 1947 La Hayworth a 29 anni era al massimo della fama, il film Gilda era stato girato l’anno prima ed era stato lo stesso Cohn che aveva preteso che l’attrice si tingesse i capelli di rosso dal castano naturale per farne la donna più desiderata di quegli anni. Per la “Signora di Shangai” Welles decise di tagliare i capelli alla Hayworth che divenne bionda, quando Cohn lo scoprì andò su tutte le furie per affermare: “He’s ruined you—he cut your hair off!’

Nella sua biografia “If this was happyness” la Hayworth racconta dell’ossessione di Cohn per lei, dei suoi rifiuti e della scelta di tenerla sotto contratto perché era un grande affare per il produttore, non mancando però di manifestare il proprio disprezzo per l’attrice e lei faceva altrettanto.

Gli 87 minuti della versione che abbiamo a disposizione a noleggio sulle piattaforme della rete ci lasciano l’amaro in bocca, perché l’ossessione di King Cohn (era chiamato così) ha mutilato un film che ci appare notevole ma non il capolavoro che sarebbe potuto essere. Il montaggio sembra spogliare la Hayworth di spessore e profondità, lasciandogli però una battuta di straordinario pathos: “Hai bisogno di più della fortuna a Shanghai e Macao”.

Il film è stato recentemente riconosciuto tra i capolavori da conservare presso la National Film Registry nella Bibblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

La versione inglese del film è a disposizione gratuita su you tube

 

La versione italiana può essere noleggiato su diverse piattaforme a partire da meno di 4 euro

https://rakuten.tv/it/movies/la-signora-di-shanghai

7 gennaio

 

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