C’è una slavina in arrivo, e non è fatta di neve. È fatta di acciaio. Milioni di tonnellate in eccesso, prodotte in Cina, che stanno cercando un nuovo sbocco commerciale. Gli Stati Uniti, nella loro nuova fase di protezionismo strategico, hanno appena alzato un muro di dazi sull’acciaio straniero, in particolare su quello cinese. Ma i muri, si sa, non fermano la pressione: la deviano. E la pressione ora si muove a valanga verso l’Europa.

La Cina produce oggi oltre un miliardo di tonnellate di acciaio l’anno. Una cifra vertiginosa, che non trova più spazio nel mercato interno né in quello americano. L’effetto inevitabile è lo spostamento forzato di questa massa produttiva verso altri mercati aperti, e il principale tra questi è l’Unione Europea. Non per caso, ma per strategia. Una parte significativa dell’acciaio cinese potrebbe essere ora “indirizzata” artificialmente verso l’Europa, inondando il mercato con volumi altissimi a prezzi bassissimi.

Nel frattempo, l’export di acciaio europeo verso gli Stati Uniti è modesto, marginale, e non rappresenta una via di fuga commerciale. L’industria europea, e italiana in particolare, si trova così bloccata tra due fuochi: da un lato l’impossibilità di accedere ai mercati più protetti, dall’altro l’arrivo di acciaio straniero privo di ogni vincolo.

Ed è proprio qui che si gioca la partita decisiva. In Europa l’acciaio si produce con regole severe: vincoli ambientali, limiti sulle emissioni, investimenti obbligati per la transizione green. L’industria siderurgica europea ha abbracciato – spesso a caro prezzo – la via della sostenibilità, della decarbonizzazione, dell’innovazione pulita. Ma questo comporta un costo strutturale più alto, che rende le nostre produzioni vulnerabili alla concorrenza di chi, come Cina o Turchia, può ancora produrre acciaio “sporco” a prezzi più bassi.

Il risultato? Rischiamo un dumping normativo prima ancora che commerciale. L’asimmetria non è solo nei prezzi, ma nelle regole. E così, chi rispetta le norme e si impegna nella transizione ecologica viene paradossalmente penalizzato. Mentre chi ignora le regole prospera nei nostri mercati.

L’Italia, che con i suoi 20 milioni di tonnellate annue è il secondo produttore europeo dopo la Germania, è tra i paesi più esposti. La sua filiera è di qualità, ma fragile: i margini sono già stretti, e un’invasione di acciaio a basso costo rischia di far collassare impianti, filiere, occupazione.

A Bruxelles si discute di misure correttive, dazi difensivi, strumenti di salvaguardia. Ma il tempo è un fattore essenziale. La slavina non aspetta le riunioni del Consiglio. E se l’Europa non reagirà con coerenza e velocità, rischia di diventare la discarica d’acciaio del mondo globalizzato, pagandone un prezzo economico e politico altissimo.

Perché l’acciaio non è solo un metallo. È il termometro industriale di un continente. E quando arriva la slavina, o si costruisce un argine vero, oppure si viene travolti.

Nota finale (integrazione Altriorienti)


Non abbiamo neppure avuto il tempo di pubblicare questo pezzo che – come un derviscio in preda a un vortice isterico – Trump ha già parlato, smentito, ritrattato e, infine, approvato la cessione di U.S. Steel a Nippon Steel. Un balletto grottesco, un coup de théâtre che, con la grazia di un lancio di dadi, ha trasformato il no in sì e il protezionismo in benevolenza globale. Siamo confusi e storditi. A tal punto che essere opinionisti, oggi, è affare inutile o – al massimo – curioso. Tanto vale cedere il campo alle voci d’acciaio, ai flussi grigi che scendono dalle montagne, e alle nuove alleanze che si fanno e si disfano come nei matrimoni lampo di Las Vegas.

Scheda costruita con ausilio di AI

Normative ambientali europee e transizione green nell’acciaio

Obiettivi del Green Deal Europeo

L’Unione Europea mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con una riduzione delle emissioni di CO₂ dell’80-95% rispetto ai livelli del 1990 . Il settore siderurgico, responsabile di circa il 5% delle emissioni totali dell’UE, è al centro di questa trasformazione.

Tecnologie chiave per la decarbonizzazione

  • Forni ad arco elettrico (EAF): utilizzano rottami metallici e producono emissioni significativamente inferiori rispetto agli altiforni tradizionali. In Europa, circa il 46% della produzione siderurgica avviene tramite EAF .

  • Impianti DRI (Direct Reduced Iron): riducono il minerale di ferro utilizzando gas naturale o idrogeno verde, producendo “sponge iron” che può essere ulteriormente lavorato in EAF. Tuttavia, l’idrogeno verde è ancora costoso e non ampiamente disponibile.

Sfide e investimenti

Nonostante oltre 8 miliardi di euro in sussidi statali approvati dalla Commissione Europea per sostenere la decarbonizzazione dell’industria siderurgica , aziende come ArcelorMittal hanno ritardato gli investimenti in tecnologie verdi a causa di incertezze normative e concorrenza da parte dell’acciaio a basso costo proveniente dalla Cina .


Panoramica del mercato globale dell’acciaio

Produzione di acciaio grezzo nel 2024

  • Cina: 1.005 milioni di tonnellate

  • India: 149,6 milioni di tonnellate

  • Unione Europea: 129,5 milioni di tonnellate (in crescita del 2,5% rispetto al 2023)

  • Italia: 20 milioni di tonnellate (in calo del 5% rispetto al 2023)

Commercio internazionale

  • UE: nel 2024 ha esportato acciaio e articoli correlati per un valore di 77,8 miliardi di euro e importato per 73,1 miliardi, registrando un surplus commerciale di 4,7 miliardi di euro .

  • Cina: nel 2023 ha esportato 90,3 milioni di tonnellate di acciaio, con un aumento del 36,2% rispetto al 2022 .

  • USA: nel 2024 ha importato 26,2 milioni di tonnellate di acciaio, con un aumento del 2,5% rispetto al 2023 .

Bilancia commerciale

  • UE-USA: l’UE potrebbe perdere fino a 3,7 milioni di tonnellate di esportazioni di acciaio verso gli USA a causa dei nuovi dazi del 25% imposti dagli Stati Uniti .

  • Cina-UE: nel 2023, le esportazioni cinesi di acciaio verso l’UE sono state di 3,66 milioni di tonnellate, rappresentando solo il 4% delle esportazioni totali cinesi .


Conclusioni

L’industria siderurgica europea si trova in una posizione delicata, stretta tra l’ambizione di una produzione sostenibile e la concorrenza di acciaio a basso costo proveniente da paesi con normative ambientali meno stringenti. La transizione verso tecnologie più verdi, come i forni ad arco elettrico e l’uso di idrogeno verde, richiede investimenti significativi e un quadro normativo stabile. Tuttavia, l’incertezza politica e la pressione competitiva stanno rallentando questo processo, mettendo a rischio la competitività e la sostenibilità dell’intero settore.

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