I primi erano un popolo di allevatori di pecore, i secondi di contadini, tutti e due in tempi e mondi diversi erano poveri addirittura miserabili i secondi, se una carestia improvvisa ne poteva uccidere a milioni solo cinquant’anni fa.

Gli inglesi del sedicesimo secolo erano poco o nulla, Giorgio Pietrostefani nel suo “La guerra corsara, forma estrema del libero commercio”, ricorda come gli inglesi nel 1500 erano un popolo di soli tre milioni di anime, un secolo dopo dominavano i mari e competevano con la Spagna per sconfiggerla e fondare la Compagnia delle Indie e costruire un impero tra i maggiori della storia.

Un capitalismo che si fonda sulla rapina, dove i mandanti sono governatori del regno e gli esecutori rischiano il cappio, situazione ambigua quanto efficace. Le analogie con la Cina del ventunesimo secolo sono evidenti, la natura predatoria e parassita delle attività, il dichiararsi fedeli alle regole e poi infrangerle nella complicità tra criminalità e potere. La pretesa legittimità del proprio diritto e l’accumulazione di capitale originato da lavoro altrui.

Geminello Alvi, nello splendido “Le seduzioni economiche di Faust” afferma che il successo del capitalismo in occidente si fonda sull’emancipazione dalla morale divenuta fondamento etico, implicita ammissibilità nella predazione dei corsari inglesi e la riduzione del rapporto di lavoro alla disciplina del lavoro, disaminandolo.

Se la Cina del sedicesimo secolo paga l’incontro con l’occidente uscendone sconfitta, non è per effetto della tecnica ma per effetto del pensiero “dissacrato, spregiudicato, ormai libero da ogni volontà organica”, nelle parole di Alvi, si pensi agli inglesi che spacciavano oppio a Nanchino fiaccando l’anima ed il corpo asiatico.

Lasciamo ad altra sede l’antropologica modificazione dell’uomo cinese, forse per effetto della lunga stagione marxista, oggi il modello è Hochkapitalismus, il capitalismo senza lacciuoli morali e vincoli formali che si espande in Cina in tutto il suo vigore, indifferente al sistema di norme e regole che il convivio delle nazioni si è dato in questi cinque secoli.

E’ il drago a predare tecnologia e conoscenze mentre a Pechino si salda il capitale corsaro e la “mano visibile” del governo che si fondano in un unico elemento organico funzionale nel promuovere lo sviluppo sociale ed economico del paese, come fu con Elisabetta I ed il nascente impero britannico.

La guerra corsara di Drake ed Hawinks trova nella tela del ragno la nuova strategia cinese, si seducono imprese tecnologiche occidentali, si incoraggiano ad aprire joint venture in Cina, per essere poi derubate delle conoscenze e tecnologie portate in dote.

Lo scontro si alza ben oltre le borsette, le scarpe e le firme fasulle della moda, ben oltre la città cinese di Parma, fondata per vendere prosciutto fasullo come vero, oggi la Cina di Xi si vuole ergersi a giudice di sé stessa cercando di ottenere la presidenza della Wipo (World Intellectual Property Organization), l’agenzia delle Nazioni Unite preposta alla regolamentazione internazionale dei diritti e dei brevetti.

Gli Stati Uniti sono consci del problema, con ritrovata armonia tra repubblicani e democratici che hanno firmato una lettera comune al presidente Trump circa il pericolo imminente. Non fosse mai di ritrovarsi un altro caso Tedros, il satrapo marxista ed etiope a capo dell’organizzazione mondiale della sanità.

Così il Dipartimento del Commercio: “the United States is taking action to confront China over its state-led, market-distorting policies and practices, forced technology transfers, intellectual property practices, and cyber intrusions of U.S. commercial networks”, calcolando in circa 50 miliardi di dollari i danni arrecati da furto di diritti intellettuali e di spionaggio industriale.

 

https://ustr.gov/about-us/policy-offices/press-office/fact-sheets/2018/june/section-301-investigation-fact-sheet

 

Il candidato degli statunitensi alla presidenza del Wipo è il singaporiano Dareng Tang (!), la proposta cinese è Wang Binying, già funzionario della stessa Wipo, dell’amministrazione statale cinese con un solido curriculum scolastico americano.

Sempre in voga il capitalismo corsaro, ieri l’oro di Drake per Elisabetta I, oggi i brevetti Huawei per Xi, il gioco è limpido ed il futuro incerto, la superiorità occidentale evidente.

Noi che non contiamo un razzo possiamo dircelo a mezza voce: voler mettere una faina cinese a guardia di un pollaio di Silicon Valley?

7 luglio 20

 

 

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