Ho chiesto a mio padre se si ricorda dell’influenza di Honk Kong che ci colpì nel dicembre del 1969. Mi ha risposto di no e tanto meno dei tanti morti che fece in Italia.

Nel dicembre del 1969 l’Italia discuteva dell’influenza, ma soprattutto del centravanti della Lazio Giorgio Chinaglia, che non avrebbe potuto giocare la domenica successiva come altri giocatori della Lazio tra cui capitan Wilson. La situazione era solo di poco migliore per tante altre squadre che avrebbero attinto alla squadra “primavera”.

Ho cercato negli archivi del Corriere della Sera di quel dicembre 1969, scegliendo il giornale di sabato 6 dicembre, allora come oggi il sabato è giorno speciale e perché da lì a pochi giorni, ci sarebbero stati i giorni di piazza Fontana e tutta l’attenzione si sarebbe spostata sulla strage.

Oltre al tema calcistico, l’influenza veniva trattata con una certa benevolenza solo alla diciannovesima pagina, “contagiosissimo ma benigno” con dodici milioni a letto (Lo dice il titolo!), di cui ben ottocentomila a Roma (vedi Lazio). A parte il campionato I temi importanti erano altri, alla terza un articolo di taglio alto che è una sentenza: “Lo stato debitore insolvente – la spesa corrente e la sua gestione dilapidatrice” della firma Cesare Zappulli, che ebbe una bella carriera con Indro Montanelli … mutatis mutandis.

Che quell’influenza, chiamata “Honk Kong”, non fosse poca cosa lo dicono il milione di persone che uccise durante l’epidemia, tra queste oltre ventimila in Italia (!), trentamila in Francia di cui ventimila in quello stesso dicembre (Corriere dov’eri?) e cinquantamila negli Stati Uniti.

Siamo ora debitori ad un bell’articolo di Francesca Barca su “Stati generali” dal titolo “Il (non) racconto dell’influenza di Hong Kong, il (non) racconto della morte” per comprendere le ragioni uniche di tanta diversità di percezione e di pensiero.

Barca riporta un’intervista del 2005 a Corinne Bensimon su Liberation in tempo di “influenza suina”, “Alla fine degli anni Sessanta, l’influenza, i suoi malati e i suoi morti non interessano. Non interessano le autorità, non interessano il pubblico, non interessano i media. Quello di cui si parla è l’Apollo 12 sulla Luna, il pantano americano in Vietnam, la strage in Biafra, la fine della Rivoluzione culturale in Cina, l’installazione di Pompidou all’Eliseo con la priorità di calmare il post-68, gli scioperi che ancora infiammano il Paese, le università e le scuole. Gli ospedali non sono un tema di interesse. Neanche per la stampa francese che, nell’inverno del 1969, mentre l’influenza di Hong Kong raggiungeva il suo apice, dedicava sporadici articoli all’”epidemia” (la parola “pandemia” non era usata).”

La crisi veniva considerata opportunità, spiega Claude Hannoun dell’Istituto Pasteur:”Grazie a questa influenza in Francia si lavorerà sul vaccino influenzale portando il numero in soli quattro anni fino a sei milioni di dosi”, era il tempo in cui si nutriva grande fiducia nella medicina, nei vaccini, negli antibiotici e nell’igiene ed ancora era presente nella memoria della popolazione l’alta mortalità per malattie ed infezioni”, fin qui la Barca.

Credo che possa arrischiare un’ipotesi a conclusione di questo percorso quasi paleo etnografico, che questi cinquant’anni hanno cambiato l’uomo e l’idea della morte, da elemento naturale e costitutivo della vita ad accidente ed offesa, “scandalo” anche se chi muore sono per la maggior parte anziani.

L’uomo moderno al tempo della tecnica non vuole sottostare alla morte, ma vincerla o alla peggio rimuoverla e negarla. “Prendere sul serio la morte ti dà il senso del limite,” ha affermato il filosofo Umberto Galimberti, “oltrepassare il limite prepara la rovina” dell’uomo.

Una moderna Hybris fondata sul tema del progresso della scienza e la rimozione della morte e poi un moderno dilemma percettivo sui medesimi numeri, di ieri e di oggi, alla maniera del coniglio anatra di Wittgeinstein.

26 aprile 20

 

©2024 - Altriorienti - Accesso amministratori - Questo sito non raccoglie informazioni personali e non usa cookies

Log in with your credentials

Forgot your details?