“Sono un paio d’anni che la Cina e l’Asia del far east è apparsa sulle maggiori testate giornalistiche italiane, ma la scoperta dell’Oriente più lontano non sembra chiarire il futuro. ”

Le rive del lago di Lugano come sfondo di un incontro con Andrea, amico che in Cina ha fatto impresa per poi andarsene prima della tempesta del 2019. “Fortuna ed un’intuizione, ovvero che la misura era colma e che ai nuovi costi paesi la Cina non era poi così interessante”. Sorride davanti ad un caffè dalla sua bella casa di Morcote, da cui si osserva l’Italia e Porto Ceresio. “Nessuno ha capito la Cina se non il pontificio istituto delle missioni estere e la Chiesa di Roma, che da quelle parti vivono male la loro missione da oltre cinquecento anni. Così le grandi aziende statunitensi che dopo grandi investimenti hanno dovuto lasciare il paese, da Mc Donalds, fino alla Apple pochi giorni fa. Negli ultimi due anni la Cina è diventata il centro del mondo per scoprire che il mercato non aveva portato democrazia, che marchi e brevetti sono poco tutelati e che le corti di giustizia sono a senso unico. Prima di tante riflessioni sui massimi sistemi e sulle catene di produzione del valore, bisogna dire che Shangai è un posto difficile dove lavorare”. Gli chiedo cosa pensa e cosa fa il regime di Xi Jinping, perché una strategia non sembra tanta intelligibile e non trova chiavi di lettura tra i cosidetti esperti.

“Hai ragione”, mi dice, “considera le ultime settimane. Le minacce a Taiwan ed agli Usa per poi affermare che la Pelosi è mossa da ambizioni personali, il mercato immobiliare che è una bolla e gli scioperi dei mutui di chi ha acquistato immobili senza valore, serrare a lucchetto città da milioni di abitanti per pochi casi di covid, forse esperimenti di autarchia sui consumi interni? Potrebbe essere così. L’economia cinese rallenta quando l’unica legittimazione che ha il regime è un crescente benessere materiale per i sudditi, nota bene non cittadini. Difficile a dirsi, ma prima degli abbracci – di facciata tra Cina e Russia – rimane una faccenda degna di nota a cui la stampa della sera e dormiente dei Rampini e Santevecchi non hanno dato rilievo”.

Mi guarda e sorride, mentre decido di porre la guancia e chiedere di cosa si tratta. “Il delisting delle società cinesi da Wall Street. Questo il vero tema di questi mesi e di chi vuole prendere tempo e distanza. Mi chiedi se la Cina ha una strategia per i nostri giorni? Non sopravvalutare il drago. Navigano a vista …  credo che questa idea venga da lontano.”

Anni fa l’economista Loretta Napoleoni mi introdusse un’idea della Cina che è buona per tutte le stagioni. “Il regime cinese non ha modelli e vincoli”, mi disse, “si plasma ai tempi e alle circostanze e la politica è funzionale all’opportunismo dei commerci e dei traffici, mentre il collante che tiene insieme la società è la rivendicazione dei confini geografici della Cina, piuttosto che i suoi costumi e cultura. Abbiamo così il paradosso di un’identità nazionale che contrasta la globalizzazione ed i valori liberali che hanno fatto uscire Pechino dalla miseria, perché a dire del regime l’Occidente vuole conquistare ed omologare la Cina”.

Andrea guarda l’orologio.

E’ giunta l’ora per una visita all’orto botanico di Villa Scherrer ed i suoi limoni sul lungolago terrazzato di Marcote.

21 agosto

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