Ilustrado è il titolo di un folgorante libro d’esordio di Miguel Syjuco ed il nome di un movimento culturale che attraversò il mondo filippino nella seconda metà del diciannovesimo secolo. 

Di famiglia filippina e di educazione internazionale, Syjuco ripercorre nel suo romanzo del 2008 la parabola di Crispin Salvador, un romanziere che vive a New York che viene trovato morto nel fiume Hudson. L’indagine biografica è un viaggio a ritroso, due secoli di storia di una famiglia filippina, sullo sfondo la grande storia di un mondo che non voleva essere colonia. Il libro vinse il Man Asian Literary Prize nel 2008 e l’autore ebbe ovunque recensioni straordinarie. Crispin Salvador ragione e pretesto per raccontare le Filippine come nessuno aveva fatto prima. Leonardo Sciascia diceva che nulla come la letteratura può descrivere il mondo per capire la natura delle cose.

“Intorno a me, in questa scatoletta, gli altri viaggiatori: noi, gli acquiescenti ribelli; a noi, che siamo partiti e ritornati così di frequente nella storia, la nostra lingua ha riservato persino un nome: balikbayan. A spalle chine, ci spostiamo per assenza; i bagagli a mano strapieni di cose che non entrano nelle valigie in eccesso, tutti gli innumerevoli regali per i nostri innumerevoli parenti – la prova che il tempo trascorso lontano non è andato sprecato. E’ la mia gente.”

“Modern Manila. Quella che un tempo era la Perla dell’oriente è ora una vecchia signora logora, tutta ingobbita, piena di calli … Lei, la ragazzina affidabile d’Oriente e d’Occidente, giace prostrata e abbattuta, la sua bellezza bombardata a tappeto dai propri liberatori attenti alle loro vittime, e lei stuprata al punto di essere sorella di Hiroshima, Stalingrado, Varsavia. Eppure a guardarla dall’alto sembra calma e pacifica. A terra è un luogo intrappolato tra buone intenzioni e volontà tirannica di vivere”

Sorprende e spiazza il libro di Syjuco, nel raccontare il suo paese che è stato due volte colonia nell’illusione di essere nuova Spagna, almeno nelle intenzioni degli ilustrados, un gruppo di giovani filippini di buona famiglia, che studiarono in Spagna ed ebbero un’educazione liberale. La loro parabola non voleva l’indipendenza ma una nuova identità ed orgoglio.

Ma Syjuco parla anche delle Filippine contemporanee, dove un uomo perbene non può diventare presidente, perché il talento riconosciuto di un politico non è la propria capacità ed onestà, ma l’abilità nel nascondere la propria corruzione ed i propri interessi personali.

Raymond Bonner in una bella recensione del libro sul New York Times, ricordava che la bravura di Syjuco è descrivere un paese in cui i ricchi vivono protetti in aree recintate e protette ed i lavoratori minimi si occupano delle loro case e dei prati. Gli stessi che rubano di notte i tombini delle strade di Manila per venderli come rottame. Così, che durante la stagione dei monsoni e delle piogge torrenziali, un uomo può essere facilmente risucchiato in una fogna e morire annegato.

A distanza di dieci anni Miguel Syujco non ha pubblicato un altro capolavoro, prediligendo la carriera giornalistica ed academica, forse perchè il suo libro come il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, parlava di sé e quella era la sua storia di moderno Ilustrado.

20 gennaio

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