La morte arriva di mattina, dopo una calda umida notte siamese, quando dormire è stato un tormento tra le zanzariere dei letti a baldacchino e le camicie di lino appena indossate diventate subito una seconda pelle.  

Due morti misteriose tra il 1938 ed il 1946 che hanno scritto la storia, le cronache e le vicende giudiziarie di due mondi.

Vincenzina Virando la giovane moglie del diplomatico italiano Ettore Grandi fu trovata uccisa a colpi di pistola in una mattina del 1938 dal marito che era andato a farsi una doccia.

I due erano arrivati a Bangkok da pochi mesi. Grandi capace quanto ambizioso, era scapolo, così era stato incoraggiato dal governo fascista di trovarsi moglie per far carriera e non destare sospetti. Il trentacinquenne Grandi sposò Vincenzina, di pochi anni più giovane, dopo averla frequentata un paio di mesi. Lei era figlia di un ricco gioielliere di Torino, che portò in dote la straordinaria somma di un milione di lire del tempo.

Si racconta che dopo poche settimane a Bangkok la donna rimpiangesse casa, che non sopportasse il caldo thailandese e che alla fine non avesse neppure capito dove sarebbe andata a vivere, se si era portata una pelliccia in ermellino buona solo per un incarico a New York o Parigi, ma forse sono solo le dichiarazioni del marito che fu subito indicato come l’assassino.

Nulla tornava di quella morte. Escluso da subito la presenza di un intruso, Grandi parlava di suicidio, ma la donna avrebbe dovuto spararsi quattro colpi con la mano destra quando era mancina, inoltre un foro d’ingresso nella nuca lasciava poco spazio alla tesi di un marito, che mostrava poca compassione per la tragica fine della moglie e parecchia preoccupazione per i denari spesi durante le esequie e l’imbalsamatura di Vincenzina.

Seguirono anni di processi e la salma – tradotta nel sabaudo cimitero di Viù – fu sottoposta tra il 1939 ed il 1951 a ben diciannove perizie mediche e balistiche, che condannarono il Grandi prima per poi assolverlo con formula piena in Cassazione, dimostrando che è possibile suicidarsi sparandosi alla nuca perchè il dente dell’epistrofeo, che ha sede nella cavità dell’atlante, su cui posa il capo, può diventare a sua volta un proiettile che trapassa la scatola cranica.

I dibattimenti nei tribunali furono seguiti dalla stampa e l’Italia si divise in due tra innocentisti e colpevolisti. Dino Buzzati giornalista scrisse pagine di grande giornalismo, che sono raccolte un bel libro economico della Mondadori ancora in catalogo. Grandi ebbe la vita rovinata dai sospetti, rientrò in servizio consolare sposò una giovane bulgara che tentò a sua volta il suicidio prima di chiedere il divorzio. L’uomo si dichiarò sempre innocente, cercando di ostacolare la carsica attenzione al caso che ne fece uno sceneggiato televisivo per la Rai negli anni 80 del secolo scorso ed una puntata di una serie televisiva chiamata Delitti nel 2007.

Sempre di mattina, presso il palazzo del re del Siam un altro colpo di pistola concluse la vita del giovane Re Ananda Mahidol all’età di vent’anni anni, altra morte misteriosa ed indicibile.

Tutto rispondeva alle caratteristiche di un giallo tradizionale dal tema della stanza con la porta chiusa. Nessuno quella mattina era entrato o uscito dagli appartamenti del sovrano, inoltre l’accesso al palazzo reale era riservato alla sola famiglia, la madre del re, la sorella ed il giovane fratello Bhumipol, oltre a pochi affidabili servitori.

Un colpo di pistola alla fronte uccise il giovane re sul colpo.

Le indagini si mostrarono subito viziate dalla particolarità del caso. I giornali titolarono incidente, ma ancora una volta la pistola era nella mano sbagliata del morto, la pistola pesava oltre un chilogrammo ed il foro d’ingresso della traiettoria lasciava dubbi.

Un gruppo di quindici esperti forensi dichiarò che si trattava certamente di omicidio piuttosto che incidente nella proporzione di dodici a tre. Seguì un processo ai paggi di corte per la responsabilità dell’accaduto, assolti prima e poi condannati in secondo grado, furono giustiziati a distanza di nove anni dai fatti.

Fosse vero quanto molti pensano e pochi dicono, perché il delitto di lesa maestà comporta condanne severissime, la vicenda ricorderebbe una tragedia di William Shakespeare perché il sangue versato valeva il trono.

Re Bhumipol in un a rara intervista alla BBC nel 1979 dichiarò che “non si sa” chi ha ucciso suo fratello, ma escludeva incidenti o suicidi, nella certezza che chi era stato giustiziato per quella morte era innocente e nulla sapeva della scomparsa di tante persone che si erano avvicinate troppo alle indagini, che molte prove indiziarie scomparvero nei primi concitati momenti e la tragedia del fratello ammazzato fosse una faccenda politica dai contorni misteriosi.

Sono passati tantissimi anni da quei giorni e sia Ettore Grandi che il Re Bhumipol sono morti da tempo. Grandi nel 1992 e Re Bhumipol, che fu amatissimo dai thailandesi nel 2016, da uomini innocenti a dispetto dei tanti sospetti.

1 maggio

 

 

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