Le esternazioni dell’ex primo ministro malese Mahathir Mohamad hanno trovato spazio tra le testate dei maggiori quotidiani al mondo. Mahatir che ha mantenuto la carica di primo ministro fino allo scorso febbraio, ha dichiarato che i musulmani hanno il diritto di essere arrabbiati e di uccidere milioni di francesi per i delitti commessi dallo stato transalpino nel passato. Una successiva dichiarazione a correzione della prima, ricorda che i musulmani non applicano la legge dell’occhio per occhio e così dovrebbero fare i francesi, non ha fugato lo sconcerto delle cancellerie occidentali, perché l’esternazione aveva seguito di poche ore l’eccidio di tre cristiani nella Cattedrale di Notre-Dame di Nizza.
Mahatir Mohamad non è un politico comune perché è stato primo ministro della Malesia dal 1981 al 2003, per la durata di ben ventuno anni prima di ritirarsi ma ritornare all’età di 93 anni nel 2018 alla politica attiva e vincere le elezioni. Il vecchio politico ha attraversato settant’anni di storia politica malese e le sue parole devono esser ben pesate.
Mahatir Mohamad è il padre della Malesia contemporanea ed ha concorso alla modernizzazione del paese, vincitore delle elezioni ha sempre utilizzato la legge sulla sicurezza nazionale contro i dissidenti e l’opposizione accusandoli di essere coinvolti in rivolte e terrorismo. Mahatir ha posto due linee guida nella conduzione del paese islamico, voltare le spalle all’eredità inglese nella pubblica amministrazione e limitare l’influenza della comunità cinese, come quando decise di nominare amministratori che non parlavano mandarino nelle scuole cinesi. Le successive proteste del 1987 furono sedate attraverso l’applicazione delle norme di sicurezza, Mahathir affermò che le detenzioni senza formali accusi e capi d’imputazione erano necessarie per impedire il ripetersi delle rivolte razziali del 1969.
Prendere le distanze dall’Occidente e dalla Cina, alla ricerca di una nuova via è stata la linea di Mahatir anche durante la crisi finanziaria asiatica del 1997. Il valore del ringgit era crollato a causa della speculazione valutaria, gli investimenti esteri si erano dileguati ed il principale indice di borsa era sceso di oltre ¾.
Su sollecitazione del Fondo monetario internazionale (FMI), il governo tagliò spesa pubblica ed aumentato i tassi di interesse senza particolari successi, così l’anno successivo Mahathir decise di invertire la rotta, ruppe con le ricette del FMI aumentando la spesa pubblica e legando la moneta locale al dollaro USA. L’economista Loretta Napoleoni nel libro “Economia canaglia” edito da Saggiatore nel 2008, ha mostrato che il paese riuscì a rimettersi in sesto grazie ai fratelli musulmani del golfo, ottenendo un pacchetto di salvataggio fatto di prestiti ed investimenti. Scrive la Napoleoni, “… la Malesia volta definitivamente le spalle alla finanza tradizionale e si affretta a completare il processo d’islamizzazione del sistema bancario e finanziario, primo paese che lo fa per motivi economici”.
Il paese si è ripreso dalla crisi più rapidamente dei suoi vicini del sudest asiatico, beneficiando successivamente degli investimenti arabi, che a seguito degli attentati delle torri gemelle hanno trovato in Kuala Lampur una piazza finanziaria attraente, che non si faceva troppe domande sull’origine dei capitali come avveniva negli Stati Uniti e nei paesi occidentali.
La Malesia di Mahathir mostra la terza via che si innerva sulle dorsali delle isole del sud est asiatico fino alla grande Indonesia, un islam un tempo secolarizzato che prende le distanze dall’Occidente ed anche dalla Cina, che guarda al mondo arabo ed i suoi capitali, che si dichiara antisemita ed insegue i voti ed il consenso di un elettorato sempre più radicalizzato.
4 novembre
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https://edition.cnn.com/2018/05/10/asia/malaysia-election-mahathir-victory-intl/index.html
https://www.timesofisrael.com/malaysias-new-92-year-old-prime-minister-is-a-proud-anti-semite
https://www.cfr.org/blog/islamist-groups-could-swing-malaysian-and-indonesian-elections
