Il pensiero della città ideale attraversa l’occidente almeno dal Rinascimento, i secoli del medioevo avevano indotto l’uomo a cercare riparo nelle città fortificate e gli spazi ridotti erano la regola, la pianificazione urbanistica e architettonica lasciava spazio alla necessità della contingenza, fu il tempo di crescita verticale delle torri e di ampliamenti di case private in modo disordinato, ma anche in ambito di edifici religiosi, si veda per esempio della Basilica di san Lorenzo Maggiore a Milano.

 

Lo storico dell’arte Gian Carlo Sciolla nel suo “la città ideale del Rinascimento”, sostiene come emerge una nuova tensione ideale, che unisce necessità abitative, esigenze igieniche, gerarchie del potere e nuova centralità dell’uomo nella presenza di spazi ad uso pubblico, come piazze e teatri. Si tratta di una nuova affermazione, in senso neo classico, di ciò che è prodotto dell’uomo e del suo ingegno e natura, ovvero il “bene figuratus”, proporzione esatta tra il corpo dell’uomo e la proporzione degli edifici.

 

Shenzen è un modello della “smart city” del presente e del prossimo futuro, ovvero la città che verrà, attraverso l’interazione di mondo digitale e fisico, il legame strettissimo tra ingegneria, efficienza energetica, urbanistica, mobilità integrata, digitalizzazione e controllo.

 

Shenzen fino al 1979 era un piccolo insediamento di pescatori e contadini di circa 30.000 persone, la vicinanza ad Hong Kong fu la principale ragione per l’introduzione di condizioni agevolate per il libero mercato e tassazioni favorevoli, la Special Economic Zone (SEC), il laboratorio di produzione sul retro della colonia inglese.

 

La successiva partecipazione a Economic and Trade Development Zone (ETDZ) del 1985 ha ampliato le opportunità, per fare di Shenzen una capitale mondiale dell’elettronica di consumo e nell’informatica. La città è oggi abitata da quasi 15 milioni di persone con una crescita annua vicino al 35% fino al 1995 e successivamente del 14%. Shenzen è quindi diventata un esperimento non solo economico, ma anche demografico (la popolazione della città è giovanissima) ed urbanistico, la nuova città ideale.

 

Marco Ratti, classe 1971 architetto ed ingegnere torinese fondatore e direttore del SENSEable City Lab al MIT – Massachusetts Institute of Technology di Boston, tra i maggiori esperti mondiali della “Smart city” ha descritto con queste parole l’ascesa di Shenzen: “Non esiste un vero e proprio centro urbano, ma una serie di distretti con densità ed altezze variabili, intercalati da sporadici parchi e lingue di verde. Il mercato è il principale protagonista dello sviluppo urbano di Shenzhen. Gli enti pubblici sembrano aver rinunciato all’idea di governare i cambiamenti della città e si limitano ad assecondarli. Di fronte a una realtà che sfugge in modo imbarazzante a qualsiasi previsione, i piani regolatori sono diventati documenti “riservati” o “solo” per uso governativo. Il record che più colpisce, tuttavia, anche se non ufficiale, è quello dell’eterogeneità dei suoi edifici. Shenzhen assomiglia un po’ a un parco tematico dell’architettura: una “finestra”, per usare una delle parole preferite da Deng, sulle infinite possibilità tecnologiche e formali dell’arte del costruire. Vi si trovano le geometrie più strane, motivi ornamentali di tutti i tipi, rivestimenti che evocano un catalogo da fiera per l’edilizia. Un po’ come nel parco tematico “Finestra del mondo”, uno dei più popolari della regione, che riproduce in scala i monumenti e gli edifici più significativi del pianeta: una torre Eiffel di oltre 100 metri di fronte a una ricostruzione della Piazza dei Miracoli di Pisa, Brasilia di fianco alle piramidi di Giza.

D’altronde niente potrebbe essere più estraneo a Shenzhen, nel tumultuoso sviluppo di questi anni, dei concetti europei di identità e di contesto. A partire dalla sua nascita la città ha addirittura adottato un motto che inneggia alla tabula rasa (“Tre strade e un territorio da spianare”) e in due decenni è riuscita a cancellare quasi tutte le tracce dell’architettura preesistente.”

Il legame tra Ratti e la città di Shenzen rimane saldissimo, nel 2019 ha diretto la locale Biennale of Urbanism/Architecture (UABB), con il collega cinese Meng Jianmin e dal critico d’arte Fabio Cavallucci. La principale tematica, ça va sans dire, è stato il rapporto in evoluzione tra spazio urbano e l’innovazione tecnologica.

Shenzen è il parco divertimenti di architetti di grido e l’eldorado degli imprenditori edili, tanto spregiudicata da disturbare il nostro senso del pudore, tuttavia, la città produce soluzioni razionali, come l’intera flotta di bus pubblici e taxi a mobilità elettrica e l’intelligenza artificiale capace di risolvere i problemi delle metropoli, come la correzione in tempo reale delle frequenze dei passaggi dei mezzi pubblici e dei semafori, o la gestione dei rifiuti intesi come flussi di risorse e non scarto a perdere.  

La declamata sicurezza rappresenta però un aspetto delicato della smart city, la nuova città ideale, fatta di un regime della sorveglianza con milioni di telecamere. Almeno a Shenzen ed in Cina, si realizza il sogno distopico del panopticon digitale, dove le persone sapendosi osservate hanno un comportamento adeguato alle regole, una tecnica nuova per le autorità di gestire l’economia e la società, una governance fatta di algoritmi, dove i cittadini divenuti sudditi hanno una patente a punti che premia e sanziona.

Shenzen rimane una città anodina governata dal mercato e priva da ogni tensione etica a firma dei migliori architetti, io torno alla splendida Sabbioneta visitata pochi giorni fa, città ideale del Rinascimento italiano, i suoi portici, le sue chiese ed una sinagoga sinonimo di tolleranza, il teatro, le piazze e la splendida galleria di Vespasiano Visconti.  

24 agosto 20

 

 

 

 

 

 

 

 

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