Qualche giorno fa, il vicedirettore del Sole 24 Ore, Sebastiano Barisoni, ha raccontato una storiella talmente assurda che, se non fosse vera, sembrerebbe scritta da un autore satirico con troppo tempo libero. Protagonista: Peter Navarro, l’uomo a cui Donald Trump ha affidato le chiavi dell’economia americana.

Pare che all’inizio Trump non avesse la minima idea di chi mettere a capo della politica economica del Paese. Nessuno. Zero. Così si gira verso il suo fidato genero, Jared Kushner (sì, proprio lui, il marito di Ivanka) e gli chiede candidamente: “Conosci qualcuno che ci capisce di economia?”. Kushner, con il piglio del problem solver digitale, fa l’unica cosa sensata che gli viene i mente: apre Amazon.

Sì, Amazon. E lì si mette a cercare libri sull’economia americana e sulla Cina. Scorrendo tra bestseller, sconti e recensioni da cinque stelle, si imbatte in un titolo promettente: Death by China. L’autore? Uno sconosciuto economista dal curriculum accademico evanescente, tale Peter Navarro. Ma l’intensità del titolo colpisce l’immaginario trumpiano: morte! Cina! Boom! Navarro viene immediatamente contattato e catapultato nel cuore della macchina decisionale americana.

Il bello arriva dopo. Nel libro, Navarro fa spesso riferimento a un altro economista, Ron Vara, una specie di genio oscuro da cui ha attinto le idee più muscolari. Ma qualcuno, preso da un raro slancio di fact-checking, si accorge che di Ron Vara non c’è traccia. Nessuna pubblicazione. Nessuna università. Nessun profilo LinkedIn. Nulla. Il vuoto cosmico.

Fino a quando, colpo di scena: Ron Vara è un anagramma. Di Peter Navarro. Esatto. Il mentore di Navarro… è Navarro stesso, ma con le lettere mescolate. Un alter ego creato per darsi manforte da solo. Quando i giornalisti glielo fanno notare, Navarro fa spallucce. “Una burla. Un divertimento.” Tipo chi si inventa un amico immaginario per darsi ragione in una discussione.

E quindi eccoci qui. Un’intera nazione affidata alle intuizioni economiche di un tizio pescato su Amazon, autore di un libro in cui si cita un economista immaginario che in realtà è lui stesso. Un loop narcisistico che neppure in Black Mirror. Elon Musk lo definisce “stupido come un sacco di mattoni” e per il fatto che giochini nella stessa squadra ci sorprende non poco.

Barisoni, raccontando questa storia, ci ha regalato un piccolo capolavoro di realismo magico in chiave finanziaria. E l’articolo che segue, firmato da Jacopo Maria Terreni, serve a riportarci sulla terra. O almeno, a ricordarci su quale pianeta stiamo effettivamente vivendo.

Tacito a Washington di Jacopo Maria Terreni

Nel tempo degli scambi ridotti a schermaglie, la guerra dei dazi è tornata come spettro economico e dottrina politica. Ma stavolta ha assunto la forma di un rito. Un ritorno al “tariffario totale” – non come mera strategia protezionista, ma come liturgia del declino imperiale. La World Trade Organization ha pubblicato i dati di una diagnosi severissima: il commercio globale è in calo, lo sarà dello 0,2% nel 2025 (anziché crescere di oltre 2 punti, come previsto) e potrebbe retrocedere oltre l’1,5% se gli Stati Uniti applicassero in forma piena le “tariffe reciproche” sospese a metà aprile. L’impressione è di essere di fronte a un crollo di fiducia sistemico prima che a una crisi commerciale.

L’amministrazione Trump ha imposto dazi a oltre 60 Paesi, amici e rivali in un’unica punizione. La “Giornata della Liberazione Commerciale” proclamata da Washington è stata seguita da una sospensione di 90 giorni per permettere “trattative”. Un’altalena di ricatto e apertura che ricorda una prepotenza sistemica che la logica multilaterale di Bretton Woods. La Cina, invece, è esclusa dalla sospensione tecnica ed i dazi sono saliti fino al 145%.

Zhang Yansheng, ricercatore della Chinese Academy of Macroeconomic Research, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno cercando di sovvertire l’ordine globale per salvare la propria egemonia, usando la forza e la legge della giungla. Una definizione che parrebbe mutuata da Joseph Conrad, se non fosse invece un commento economico. La questione di fondo, tuttavia, è più sottile: l’egemonia del dollaro richiede il deficit commerciale. Chi domina la moneta di riserva del mondo deve esportare moneta, non beni ed importare continuamente. Tagliare il deficit, come vuole la dottrina trumpiana, significa rinnegare l’essenza stessa del potere imperiale americano. Come se Roma avesse deciso di chiudere le sue vie consolari per paura che passino troppi monili dall’Epiro.

Mentre l’Occidente s’impantana in un protezionismo difensivo e scomposto, la Cina rilancia la propria globalizzazione selettiva: apertura controllata, investimenti strategici, aumento della domanda interna come attrattore planetario. Non è più la globalizzazione di Deng Xiaoping – travolgente e deregolata – ma un’apertura elegante e formalmente armonica,  “La chiave è aumentare i redditi, rafforzare la sicurezza sociale e costruire una Cina come mercato condiviso per il mondo”, dice Zhang. L’immagine vorrebbe essere convincente: il mondo esporta verso la Cina per necessità.

E proprio osservando questa trasformazione, un professore d’economia con cattedra in Asia, con cui ho scambiato alcune riflessioni durante la stesura di questo articolo, ha offerto una chiave di lettura che mi è parsa limpida.

“La vera stranezza, oggi, è questa: la più grande democrazia del mondo si trova in mano ad autocrati incapaci di scelte razionali, scelte che non si possono spiegare né con la dottrina economica, né con le necessità strutturali. Sono scelte emotive, difensive, pulsionali: risposte alla complessità, non progetti per governarla.”

Poi ha aggiunto:

“E invece la Cina, che non è una democrazia, sta agendo con una coerenza razionale disarmante. Perché nel Partito Comunista – che conta più di 500.000 quadri – non esiste la possibilità di decisioni puramente personali. Il sistema, nella sua opacità, è anche un sistema di contrappesi. Nessuno può governare da solo. È un paradosso difficile da mandar giù. Le democrazie si comportano come autocrazie isteriche. E l’autocrazia funziona come un’oligarchia razionale.”

Quella voce era un’inquietudine. E riascoltando quelle parole, mi è tornato in mente Elias Canetti, che ci ricordava che “le masse libere, quando non sanno dove andare, si affidano a chi urla più forte”.

C’è una verità poco detta, ma fondamentale: il potere del dollaro non deriva dalla forza dell’economia americana, ma dalla sua disponibilità a essere in deficit.
Perché una moneta diventi di riserva globale non basta che sia stabile: deve essere ovunque. Questo avviene attraverso l’importazione costante di beni da tutto il mondo, pagati in dollari, che così si diffondono e consolidano la loro centralità. È un modello controintuitivo ma geniale: più l’America importa, più esercita potere. L’attuale politica tariffaria americana – che cerca di ridurre le importazioni e svalutare il dollaro – mina proprio la base monetaria dell’egemonia statunitense. Trump, con la sua retorica da credito cooperativo, non appare come l’imperatore del dollaro, ma come il suo sabotatore.

Evoluzione del cambio EUR/USD nel 2025

Nel corso del 2025, il tasso di cambio tra euro e dollaro ha registrato una tendenza al rialzo per l’euro:


Analisi della svalutazione del dollaro

La svalutazione del dollaro nel 2025 può essere attribuita a diversi fattori:

  • Politiche commerciali: L’introduzione di tariffe da parte dell’amministrazione Trump ha generato incertezza e ha influito negativamente sulla fiducia degli investitori .

  • Fuga di capitali: Si è osservato un deflusso di capitali dagli asset statunitensi, con gli investitori che hanno ribilanciato i portafogli verso mercati europei e asiatici .

  • Politiche monetarie: Le aspettative di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve hanno contribuito alla debolezza del dollaro, mentre la Banca Centrale Europea ha mantenuto una politica più restrittiva .​The GuardianReuters


Grafico del cambio EUR/USD nel 2025

Per visualizzare l’andamento del tasso di cambio EUR/USD nel 2025, è possibile consultare il seguente grafico:

Fonte: Exchange-Rates.org

Il paradosso è palese: una potenza che esporta moneta, e non merci, non può improvvisarsi protezionista senza autodistruggersi. In fondo, il punto non è neppure l’ammontare del debito. Il debito americano, per quanto enorme, è il prezzo dell’egemonia. Finché il dollaro è la valuta in cui tutti desiderano essere pagati, quel debito non è un’anomalia, ma un meccanismo funzionale. Il problema è che l’America contemporanea sembra incapace di accettare se stessa come impero. Vuole comandare, ma non pagare il prezzo simbolico del comando. Vuole dominare, ma con la sensibilità di una democrazia domestica. In questa confusione, ogni gesto dell’attuale amministrazione – dai dazi alle svalutazioni suggerite, dalle accuse ai partner all’isolazionismo – non è la manifestazione di forza di una potenza in ascesa, ma la crisi d’identità di una potenza smarrita.

Tacito, parlando dell’impero romano, notava che “imperium facile iis artibus retinetur quibus partum est” – l’impero si conserva con le stesse arti con cui è stato conquistato. Oggi, invece, gli Stati Uniti sembrano voler conservare il proprio impero con lamentele, tariffe e recriminazioni.

Il rischio è che, più che declinare, l’America si auto-annulli, negando il fondamento stesso della propria posizione.

19 aprile

Cornelius Tacitus burns Dollars

Ecco un grafico simbolico che illustra il meccanismo dell’egemonia del dollaro come ciclo virtuoso (o vizioso) fondato sul deficit commerciale strutturale degli Stati Uniti:

  1. Deficit commerciale USA – Gli USA importano più di quanto esportano.

  2. Esportazione di dollari – I pagamenti internazionali avvengono in dollari.

  3. Accumulo di riserve in dollari all’estero – I paesi esportatori trattengono dollari come riserva.

  4. Domanda globale di dollaro come riserva – Si rafforza la posizione del dollaro come valuta dominante.

  5. Rinforzo del ruolo egemonico USA – Questo ciclo sostiene il potere politico, economico e militare americano.

Fonti principali per questo schema:

  • Robert Triffin, “The International Role of the Dollar” – teoria del dilemma di Triffin.

  • Michael Pettis, The Great Rebalancing – relazioni tra deficit USA e risparmio globale.

  • Barry Eichengreen, Exorbitant Privilege – storia e conseguenze del ruolo internazionale del dollaro.

  • Dati macroeconomici del U.S. Bureau of Economic Analysis (www.bea.gov)

  • IMF COFER database – composizione delle riserve valutarie globali.

 

Fonti principali

1. World Trade Organization (WTO)

  • Titolo: Global Trade Outlook and Statistics Report, April 2025

  • Contenuto: Stima di un calo del commercio globale dello 0,2% nel 2025, con possibile contrazione dell’1,5% in caso di piena applicazione dei dazi USA.

  • Fonte: wto.org

2. China Daily

  • Titolo: Tariff hikes to cause global trade slowdown, WTO says

  • Autore: Chen Weihua (da Bruxelles)

  • Data: 18 aprile 2025

  • Contenuto: Analisi del rapporto WTO, impatto dei dazi USA, e dichiarazioni di Ralph Ossa e Ngozi Okonjo-Iweala.

  • Link: chinadaily.com.cn (estratto fornito)

  • Titolo: China pushing strongly for globalization drive

  • Autori: Wang Keju, Liu Zhihua

  • Data: 18 aprile 2025

  • Contenuto: Reazione strategica cinese ai dazi USA, visione di Zhang Yansheng, focus su apertura, domanda interna e cooperazione globale.

  • Link: chinadaily.com.cn (estratto fornito)

3. South China Morning Post (SCMP)

  • Titolo: Tesla can’t make Optimus robot for US$20,000 without China, humanoid experts say

  • Data: aprile 2025

  • Contenuto: Dipendenza tecnologica USA dalla filiera cinese; impossibilità di fabbricare a basso costo senza partnership industriali cinesi.

  • Link: scmp.com

  • Titolo: Apple’s China smartphone shipments fall in first quarter ahead of Trump’s tariffs

  • Data: aprile 2025

  • Contenuto: Apple registra un forte calo delle spedizioni in Cina, in un contesto di tensione tariffaria crescente.

  • Link: scmp.com

4. Nikkei Asia

  • Titolo: Southeast Asian nations face recalibration challenge after Xi tour

  • Contenuto: La complessità strategica per i paesi ASEAN dopo il tour diplomatico di Xi Jinping; necessità di equilibrio tra USA e Cina.

  • Link: asia.nikkei.com

Commercio globale e dazi USA

  • World Trade Organization (WTO) – Global Trade Outlook and Statistics (Aprile 2025)
    La WTO prevede un calo dello 0,2% nel commercio mondiale di merci per il 2025, con una possibile contrazione fino al 1,5% in caso di piena attuazione dei dazi “reciproci” statunitensi.

  • Reuters – La WTO taglia le previsioni di crescita del commercio per il 2025, avvertendo di un possibile peggioramento
    La WTO ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del commercio mondiale per il 2025, citando l’aumento dei dazi statunitensi e le ricadute economiche più ampie come fattori chiave.

  • The Guardian – I dazi di Trump invertiranno la crescita del commercio globale quest’anno, avverte la WTO
    La WTO avverte che l’imposizione diffusa di dazi da parte del presidente Trump invertirà la crescita del commercio di beni a livello globale nel 2025, riducendola da un previsto aumento del 2,7% a un calo dello 0,2%.
    The Guardian


Risposta della Cina e diplomazia regionale

  • Associated Press – Il leader cinese conclude il tour nel sud-est asiatico che ha promosso l’affidabilità di Pechino rispetto alle minacce di dazi statunitensi
    Il presidente cinese Xi Jinping ha concluso una visita di due giorni in Cambogia, concludendo un tour nel sud-est asiatico volto a presentare la Cina come un partner stabile e affidabile in mezzo alle crescenti preoccupazioni per i dazi statunitensi proposti dal presidente Donald Trump.
    NPR+2AP News+2ajc+2

  • Wikipedia – Visite di stato di Xi Jinping in Vietnam, Malaysia e Cambogia
    Dal 14 al 18 aprile 2025, il presidente cinese Xi Jinping ha effettuato visite di stato in Vietnam, Malaysia e Cambogia, cercando di rafforzare le relazioni con le nazioni europee e asiatiche in mezzo all’escalation del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina.
    Wikipedia


Tecnologia e produzione

  • Reuters – Le spedizioni di smartphone Apple in Cina scendono del 9% nel primo trimestre
    Nel primo trimestre del 2025, Apple ha registrato un calo del 9% anno su anno nelle spedizioni di smartphone in Cina, diventando l’unico grande produttore a riportare un calo. Secondo IDC, Apple ha spedito 9,8 milioni di unità, riducendo la sua quota di mercato al 13,7%, in calo rispetto al 17,4% del trimestre precedente.
    Reddit+3Reuters+3Gulf Business+3

  • CNN – Elon Musk pensa che i robot siano un business da 10 trilioni di dollari, ma la Cina…
    Durante un evento l’anno scorso, Musk ha stimato che il prezzo di Tesla Optimus sarebbe compreso tra $20.000 e $30.000. Ridurre i prezzi per i robot umanoidi rappresenterebbe un importante…
    CNN


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