Quando un giornalista viene messo alla porta da un paese dove non viene riconosciuta la libertà di stampa, vuol dire che ha fatto bene il proprio lavoro.

“Non ho scritto quello che ho scritto perché sono stato cacciato dalla Cina. Sono stato cacciato dalla Cina perché ho scritto quello che ho scritto”, così Tiziano Terzani nel 1984 dopo essere stato arrestato, perquisito, interrogato ed espulso.

Terzani guardava la Cina con occhi appassionati e curiosi, aveva studiato approfonditamente la lingua, aveva cercato di comprendere la raffinata cultura millenaria offesa da decenni di insensato materialismo.

L’ultima espulsione di un giornalista straniero in Cina datava il 1998, quando il 19 febbraio di quest’anno la Cina ha cacciato tre giornalisti del Wall Street Journal, che si occupavano di repressioni di minoranze etniche e coronavirus e successivamente altri del New York Times, Wall Street Journal e Washington Post, non sazie, le autorità cinesi hanno anche richiesto a Voice of America e Time magazine, informazioni dettagliate sulle attività giornalistiche in Cina.

Il sito della televisione di stato italiano ha riportato la notizia la guerra dell’informazione tra Pechino e Washington, citando l’autorevole Quotidiano del Popolo, che sottolineava l’alta qualità dei giornalisti di Pechino, che “sempre hanno rispettato le leggi e i regolamenti statunitensi, attenendosi all’etica giornalistica e ai principi di obiettività, correttezza, verità e accuratezza.” con maggiore enfasi rispetto all’opinione di Dean Baquet, direttore esecutivo del New York Times, quando ha affermato che “la Cina compie un errore gravissimo nell’estromettere alcune delle testate giornalistiche più importanti del mondo”.

L’indice di libertà di stampa riportata da Reporter senza frontiere 2019 colloca la Cina al 177 posto al mondo, seguita solo da Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan, porre il giornalismo del regime cinese a livello di quello statunitense e concedergli un concerto per voce sola è scuorno nazionale, pari solo a Giovanna Botteri, inviata in Cina dalla televisione di stato nazionale, che mai troverà un foglio di via nel suo paese d’elezione.

 

Ps nella foto Tiziano Terzani e la sua famiglia in esilio dolcissimo a Bangkok in Sukhumvit

 

15 giugno 20

 

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