La rivista settimanale Internazionale pubblica da sempre una selezione di articoli della stampa estera. Appuntamento importante, rassegna utile e ragionata del pensiero e dei movimenti della sinistra nel mondo. Il foglio diretto da Giovanni De Mauro non sarebbe nato così, ma la svolta verso il più acceso terzomondismo è la scelta editoriale abbracciata dell’editore.

Nel numero dello scorso 8 ottobre in cui appare in copertina il viso di Domenico Mimmo Lucano, il sindaco di Riace condannato in primo grado a tredici anni ed il titolo “Condannato per umanità”, ritroviamo l’articolo di Patrick Gathara pubblicato su Al Jazeera dal titolo, “Le parole che aiutano i suprematisti bianchi” pubblicato su Al Jazeera sul tema del debito in Africa, gli investimenti cinesi e le ipocrisie dell’Occidente.

Ghatara, un giornalista e vignettista keniano, accusa la stampa occidentale di essere parziale verso la Cina quando descrive le politiche di finanziamento ai paesi poveri, dichiarando che i governi occidentali non sono da meglio, forse peggio. Ghatara ricorda che sono le stesse autorità giudiziarie occidentali ad indagare sulla corruzione e l’assistenza ai programmi di assistenza ai paesi in via di sviluppo. Infine ricorda che un’indagine indipendente del Wall Street Journal ha mostrato che 130 giudici federali hanno “violato la legge e l’etica occupandosi di casi giudiziari che coinvolgono aziende di cui loro o le loro famiglia possedevano azioni”.

L’articolo dell’Internazionale hanno avuto un ulteriore riverbero da una lettera alla redazione, che commentando l’articolo ricordava che l’attacco alla Cina dei mezzi di stampa occidentali è propaganda utile solo al suprematismo bianco.

Mentre Internazionale pubblicava l’articolo di Ghatara e la lettrice indignata per l’attenzione rivolta alla Cina, la censura del regime cinese si era già premunita di cacciare i corrispondenti del Wall Street Journal (Ops … la stessa stampa citata da Gathara).

Nel merito, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang aveva affermato che un editoriale del Wall Street Journal, “La Cina è il vero uomo malato dell’Asia” – mostrava un titolo “discriminatorio razziale”, a noi osservare che i giornalisti americani Josh Chin e Chao Deng e l’australiano Philip Wen di passaporto australiano, sono di etnia cinese.  

Cacciare corrispondenti delle maggiori testate occidentali è attività comune in Cina, Altriorienti vi ha dedicato un ampio articolo, ma l’improvida lezione di Gathara ci ha indotto ad un affondo degno di Cyrano de Bergerac, “E al fin della licenza io non perdono e tocco”.

Accusati di considerare la propria civiltà superiore a quella cinese, constatiamo che alla stampa ed alla magistratura dell’Occidente è consentito indagare sui torti propri del nostro mondo, quando il giornalismo in Cina è soggetto ad un ferreo controllo della polizia (177 al mondo per libertà di parola su un totale di 180 paesi) e della stessa magistratura che giura la propria fedeltà al partito.

Possiamo affermare che una rivista equivalente ad Internazionale, che raccontasse la versione dell’altro, non potrebbe essere pubblicata ed i propri redattori languirebbero in cella.

Cosa questa che non interessa più di tanto al settimanale di Di Mauro, alle sue firme ed ai suoi lettori, ma non a noi che ringraziamo alla maniera di Platone “di essere nati greci e non barbari, liberi e non schiavi”, in una parola Occidentali.

26 ottobre

 

 

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